(Sanniopress) – Il Benevento è fuori dai play-off. Benevento resta una città di serie C. Tra la squadra, che pure negli ultimi anni ha partecipato alla fase finale del campionato per guadagnarsi la promozione in B, e la città esiste una corrispondenza che non è tanto di “amorosi sensi” quanto di una “affinità inelettiva” (sia concesso il neologismo). La squadra di calcio ha difficoltà a fare un salto di qualità, la città è seduta su se stessa ed a saltare non ci pensa più. La squadra non esprime un calcio di qualità e il campionato è stato caratterizzato da scandali, rivelazioni scommesse, la città non esprime una politica di qualità e anche qui non mancano scandali, rivelazioni, scommesse. Il parallelo potrebbe continuare per molto. A iniziare proprio dalla conclusione del campionato: bisogna attendere un’altra stagione per riprovarci. Al momento, la partita è finita.
Il Sannio si è riscoperto terra di vertenze. C’è quella annosa – “anni e anni” direbbe Felice Caccamo – dell’area ex Alfacavi, ex Tessival ed ex e basta che da area di crisi è diventata ufficialmente area di crisi permanente. C’è quella degli operai – oltre cento – dei consorzi per i rifiuti che ricevono solo rifiuti. C’è quella dei forestali che la Regione vorrebbe deforestare con tutte le Comunità montane. Sono “vertenze” che hanno la loro origine in altre stagioni della vita italiana, quando non c’era nessuna crisi del debito sovrano ma tutti lavoravano alacremente per determinarla caricando i debiti sulle spalle dei posteri perché – come diceva quel tale – ma se i posteri non se ne fregano di noi perché noi dovremmo fregarcene di loro? E così ora tutti sono fregati.
In una buona squadra c’è quasi sempre un buon capitano. Uno che mette ordine, che fa girare la palla, che sa quando si attacca e quando si contiene, un allenatore in campo che sa chi far giocare e chi far sedere in panchina, l’uomo giusto al posto al momento giusto. Guardate la città e vedete un po’ se lo trovate: dov’è l’uomo giusto al posto giusto (lasciamo stare il momento giusto)? Il partito di potere nel Sannio è il Pd. Per molti anni la Campania è stata governata (si fa per dire) dalla sinistra e il Pd, partito di potere, si è rivelato un partito inutile: un partito di eterni panchinari. Ottimo nell’ingrassare clientele e sfornare società di comodo per la sistemazione del sottobosco di partito, pessimo nel creare un minimo di gioco di squadra a favore del Sannio. La Regione Campania, pur tartassandoci, incassa meno di quanto spende e il fallimento – default, ora si dice così – non è teoria. Il Pd – insieme con De Mita, con Rifondazione, i Verdi – è il creatore del Grande Debito regionale. Alla lettera, un partito impagabile. Ora che non è più al governo regionale invoca il rigore dei conti e il rispetto dei pagamenti. Se, quando governava, non avesse creato il debito e avesse sfoltito la massa degli assistiti, oggi il Sannio avrebbe meno vertenze.
La vera vertenza sannita è quella politica. La città lenta è praticamente ferma. Chi comanda a vuoto ha persino convocato un allenamento definito Stati Generali del Centrosinistra. Sono stati sciolti praticamente subito per totale assenza di un capitano. Pur avendo in mano la palla, dal Comune alla Provincia, non sanno cosa farne. In questi casi si dice che manca la visione di gioco. E’ così: la squadra politica della sinistra è lenta, statica, non crea occasioni e si rifugia nelle recriminazioni. Una squadra da serie C che lotta per non retrocedere mentre la città è fuori dai play-off.