(Sanniopress) – Ho letto le dichiarazioni politiche di Mario Pepe e, non contento, anche quelle di Fausto Pepe. Prima mi è caduto il braccio destro, poi mi è caduto il braccio sinistro (speriamo che non mi cada più niente). Se, a vostro rischio e pericolo, volete leggerle anche voi dovete andare su il quaderno.it della Rossi. Se invece volete proseguire nella lettura della mia noterella sappiate che a me i Pepe – cioè Mariotto e Faustino – mi fanno quasi tenerezza e sono tentato dal far loro una carezza.
Partiamo dal Pepe numero uno, l’onorevole. Non so chi una volta ha detto – mi pare Antonio Medici – che l’onorevole di San Giorgio del Sannio da trent’anni dà sempre notizie di questo tipo: non aprirà il tale sportello, non arriverà il tal altro finanziamento, sarà soppressa la tratta e via con questa solfa. Ricorda un po’ una scena del film Miseria e nobiltà in cui Totò si rivolge a Pasquale che gli ha appena comunicato l’ennesima disdetta e dice: “Pasqua’, tu porti sempre delle belle notizie”. Mario Pepe è quanto meno imprevidente. Gli piace analizzare lo stato presente delle cose e da preside in pensione interpreta il ruolo di intellettuale e ideologo politico, mica bau bau micio micio. Qualcosa di filosofico ce l’ha visto che è un degno erede del maestro degli intellettuali della Magna Grecia. Analizza e analizza, spiega, illustra con accento didascalico però alla fine del discorso ti chiedi cosa abbia effettivamente detto. Nella sua dichiarazione, quella che mi ha fatto cadere il braccio destro, ha usato anche la parola “passatismo”. Davvero imprevidente. Perché quella parola dipinge se stesso. Credo che Mario Pepe possa dare ancora una grande contributo alla politica sannita restando a casa sua e svolgendo nel suo paese il benemerito compito di professore in pensione che si dedica alla gioventù.
Veniamo al secondo braccio caduto, il sinistro. Il sindaco a volte dice cose pensando che lo ascolti solo il gatto di casa. Sbaglia. Perché se quel gatto potesse parlare gli canterebbe di tutto un po’. Un sindaco accorto deve sempre tener ben presente da quanto tempo è sindaco. Se è sindaco da uno o due o tre giorni potrà dire di aver ereditato una situazione difficile ma si darà da fare per porvi rimedio senza piagnucolare. Se invece è sindaco da uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette anni non potrà dire di aver ereditato dal passato debiti perché il passato è lui stesso. Sei anni sono tanti: a sei anni i bambini vanno a scuola, sei anni significa due governi, due legislature, sei anni significa che sotto i ponti del Sabato e del Calore è passata tanta di quell’acqua da far rincretinire il povero Cratilo. Ma soprattutto il sindaco non può usare il passato per giustificare il presente e per rendere credibile il futuro perché da sindaco sa bene che i beneventani non sono fessi. Invece, se insiste, la figura rischia di farla lui. E’ evidente a tutti che la sua amministrazione si è incartata ma per uscire dalla confusione non basta rimescolare le carte. E’ il gioco che va cambiato. Caro Faustino, non devi giocare da leader del Pd ma da sindaco e siccome sei al secondo anno del secondo mandato hai la possibilità di fare il sindaco senza la preoccupazione della riconferma. Se giocherai su questo piano avrai la possibilità di combinare qualcosa e anche di rispondere seriamente ai tuoi critici e avversari politici, se continuerai a giocare con il vecchio mazzo di carte farai un gioco già visto, quel gioco che Gramsci chiamava “scopone truccato” perché fatto con carte segnate.
Carissimi Pepe, i tempi sono cambiati ma voi date l’impressione di non averlo capito. Certo, sapete per esperienza che le cose vanno male perché non ci sono soldi e così diminuiscono notevolmente i margini di manovra. Ma a far politica con le casse piene sono bravi tutti. I tempi sono cambiati, invece, perché la realtà si è presa la sua necessaria rivincita sulle immagini, le parole, le vanità, l’impreparazione. Il cambiamento assume così quasi i tratti di una conversione.