(Sanniopress) – Caro Jean Pierre, grazie per la lettera che mi dà l’occasione di chiarire alcune cose che riguardano la cultura, la politica e quelle strane forme di animali che sono gli “assessorati alla cultura”.
Partiamo dalla cultura che è la cosa più importante. Mi è sempre piaciuta la storiella che raccontava Popper del soldato che scoprì che tutto il suo battaglione – a parte lui, naturalmente – non marciava al passo. La cultura è molto simile a quel soldato che “non marciava al passo”. Gli altri soldati cercano di recuperare e provano a mettersi al passo dell’unico che va al passo senza andare al passo e così vien fuori una gran confusione – Mario Monti direbbe guazzabuglio, che è una bella parola che usava anche Croce, infatti Mariotto l’ha detta a Napoli. La confusione o il guazzabuglio, al contrario di quanto si creda, è stimolante perché offre l’occasione di pensare o fare qualcosa di buono e, soprattutto, ci fa capire che nessuna teoria o sapere o roba del genere può essere accettata senza alcuna riserva da tutta quanta la scienza perché tutta quanta la scienza o chi per essa potrebbe sbagliare mentre potrebbe aver visto giusto quell’unico dissenziente che, come il soldato, non marcia con gli altri.
Faccio dell’ironia. Certo, ci mancherebbe altro che non lo facessi. A questo mondo l’ironia è la cosa più seria. La cultura è cosa molto più importante e decisiva della politica e degli assessorati alla cultura perché è quella sensibilità che sa che ogni potere si fonda sulla vita e si porta dietro un velo di ignoranza che è la condizione del suo buon uso ma anche del suo abuso. La cultura, dunque, altro non è, in tutte le sue espressioni, che critica del potere o dell’esistente – e del potere della stessa cultura – per non essere troppo governati dagli altri. Questo è il concetto centrale di tutte le cose che provo a scrivere.
Ma allora la cultura non può fare politica? Come concepire una cultura politica se la cultura è critica dei poteri (politici, religiosi, economici, militari, tecnologici, filosofici, scientifici…)? Come è possibile dire che la cultura deve guidare la città se la cultura più che costruire, critica? Tra cultura e potere c’è inevitabilmente una lesione o un conflitto. La città è essa stessa un corpo conflittuale. Il conflitto – il corpo, anzi i corpi – non è sanabile. Compito della cultura non è far marciare la città come un battaglione sempre al passo ma, al contrario, rendere possibile l’esistenza del soldato che non va al passo e dal quale può nascere un contrappasso o un cambio di passo o un doppio passo o un capitombolo. Chi rappresenta la città rappresenta in sè stesso il conflitto e compito della cultura è darne un racconto perché nel racconto i conflitti non si negano ma si comprendono e addolciscono. La cultura che mi interessa è questa e cerco di praticarla alla meno peggio e quando ho tempo – e voglia – dalle pagine elettroniche che Billy mi ha messo a disposizione. Non ho granché interesse, invece, per la cultura dei progetti da presentarsi agli assessorati alla cultura per essere realizzati e finanziati.
Ma allora gli assessorati alla cultura non servono a niente? Tutti “serviamo” e nessuno è indispensabile. Se c’è uno che ha criticato Raffaele Del Vecchio fino a scorticarlo, ebbene, questi sono io. Però, ne ho anche voluto prendere le difese – anche se non ricordo bene quando – perché si correva il rischio di trasformarlo in un alibi o in un parafulmine. E’ vero: il vicesindaco ha interrotto una continuità e anche io gliel’ho fatto notare con asprezza. Ma era anche un suo diritto farlo. In nome di cosa? Mi pare sia questo il punto da considerare. Lui dice in nome di una strategia e per avere turismo e bla bla bla. Qui c’è il suo errore che pagherà in termini di scarsi risultati. Se invece delle strategie (care a Del Vecchio) e del marketing (caro a te) avesse dedicato tempo, risorse ed energie a curare i teatri, ad aprire biblioteche, a pubblicare opere dimenticate da riscoprire, a rivalutare pittura e scultura della tradizione, a considerare una riassetto degli spazi urbani e dei monumenti del centro storico avrebbe lavorato su Benevento provando a mettere insieme ciò che non è geometricamente sovrapponibile ma che è necessario provare a pensare per vivere con gusto e desiderio di crescita civile: istituzioni e racconto della città.
Come vedi, ho un’idea della cultura che molto poco si addice agli eventi, alle strategie, al marketing ed è più vicina alla sensibilità del lavoro dello spirito umano. Ma è roba passata di moda che serve solo a me per marciare al passo in solitudine.