(Sanniopress) – La banda Pepe non ne combina una buona. Da quel pasticciaccio brutto di Corso Garibaldi dello scorso Natale siamo passati a quel pasticciaccio brutto di Piazza Orsini di Pasqua e pasquetta. Se in mezzo ci mettete le disavventure politico-giudiziarie, le notti della movida (che con o senza sonno della ragione genera mostri) e la sporcizia che è diventata la vera padrona delle strade di Benevento avrete il quadro della dabbenaggine della banda Pepe.
La banda Pepe è a metà strada tra Ignazio il Torchio e il trio di Antonio Bonocore (Totò), Giuseppe Lo Turco (Peppino) e Felice Cardoni (Giacomo Furia) diretti da Camillo Mastroncinque nella supermitica La banda degli onesti. Sì, vabbé, adesso direte che la banda Pepe è sospettata di non essere onesta, che ci sono in corso – come detto – inchieste giudiziarie, che la campagna elettorale è stata fatta così e così e che bisogna vederci chiaro perché è tutto un magna magna. Signori, ascoltate un po’, tutte queste cose non contano un accidente: le campagne elettorali sono come sono e ognuno ricorre a dei mezzi a volte leciti a volte illeciti, a volte chiari a volte equivoci per vincere. Certo, non bisogna esagerare e se si violano le leggi e se c’è corruzione e se c’è reale voto di scambio e se c’è il coinvolgimento del crimine organizzato è bene che i fatti siano accertati e perseguiti. Ma tutto questo è normale e non c’è bisogno di ricordarlo. Qui invece conta dire e capire che la banda Pepe è tale non perché delinque, bensì perché è latitante in politica, in amministrazione, nella rappresentazione della città. Non nella rappresentanza ma nella rappresentazione, nel discorso comune, nella capacità di mettere in forma Benevento. La banda Pepe, insomma, non è una banda. Somiglia più a una scolaresca in gita o a dei chierichetti in vacanza con il parroco o a dei lupetti con calzettoni e calzoncini corti.
Prima di tutto lui, Pepe. Sembra che passi da queste parti e faccia il sindaco. Non riesce a fare squadra, cioè banda: cioè non riesce a dare obiettivi seri e raggiungibili ai suoi uomini e va avanti così, come viene viene. E viene male. Fare il sindaco di questi tempi non è cosa facile. Aumentano i tagli e aumentano le tasse e i soldi che ci sono non sono facili da utilizzare per l’eccessiva burocratizzazione e sindacalizzazione della vita amministrativa. Insomma, fare il sindaco è una gran rottura di coyotes. Ma non è facile neanche fare il capofamiglia che i tagli li subisce, le tasse le paga, le opportunità le vede crollare. Sono tempi difficili per tutti. Un motivo in più e non in meno per darci sotto, fare squadra – la banda – darsi degli obiettivi e dotarsi di mezzi adatti allo scopo. La città è sporca da fare schifo e qualcosa bisogna inventarsi per pulirla. Altrimenti le luci accese su Benevento mostreranno le strade sozze e per percorrerla bisognerà saltellare.
Se la banda Pepe fosse una vera banda non dovrebbe permettere quanto sta accadendo in Piazza Orsini dove non è neanche facile capire cosa stia accadendo. Si è passati dalle automobili ai recinti mentre l’unica cosa che l’amministrazione avrebbe dovuto fare, appena avuto il bollino blu Unesco, era una risistemazione dell’area per associarla alla pedonalizzazione di Corso Garibaldi e all’uso della ristorazione. Una risistemazione anche provvisoria ma che avrebbe avuto l’effetto di un gesto concreto e simbolico utile, utilissimo nella prospettiva di una riappropriazione di una piazza che ha – basta guardarla – un significato strategico per la città e il suo racconto. Ma la banda Pepe non ce la fa, arranca, soffre, ha il fiatone, vede il proprio naso e nulla più. Ci vorrebbe una banda vera, pronta a scegliere, a prendersi responsabilità, a parlare con nettezza alla città per condividere progetti e obiettivi, invece c’è la solita litania dei finanziamenti, degli eventi, degli spettacoli senza sale.
Ma come si fa a risistemare un’area se è privata? Già non ci sono soldi, se quei pochi che ci sono vengono utilizzati per migliorare aree private buonanotte al secchio!
Io non capisco perchè in tanti anni nessuno abbia mai avviato semplicemente una procedura di esproprio per rendere quell’area pubblica