(Sanniopress) – Nel giro di due anni la casta sannita sarà dimezzata e la metà che resterà sarà rimpiazzata. Vi dispiace? Se vi conosco bene state facendo i salti di gioia. Oddio, forse è un’esagerazione, ma certamente non state piangendo. L’ho scritto ieri ma è bene ripeterlo: man mano che si rinnoveranno i consigli comunali ci sarà un dimezzamento delle assemblee e delle giunte, in alcuni casi non ci saranno assessori e in altri saranno ridotti al lumicino; la Provincia si restringerà fino a diventare un piccolo consiglio di dieci consiglieri che saranno forse indicati e non eletti, anche la giunta provinciale non dovrebbe più esserci e si spera che il presidente sia effettivamente ciò che dovrebbe essere da sempre: un buon amministratore di poche cose, ma bisognerà capire quali saranno le funzioni di una provincia che dovrà essere di natura consortile. Speriamo che al taglio del personale amministrativo e politico negli enti locali corrisponda anche un taglio netto ai parlamentari. Sono proprio tanti, troppi e la qualità della rappresentanza che esprimono è di scarso livello. E’ difficile che in Parlamento si giunga ad approvare la riforma che riduca il numero di deputati e senatori perché i parlamentari dovrebbero segare il ramo sul quale sono seduti o togliersi da sotto il culo lo scranno su cui siedono, ma l’esistenza del governo Monti ha in sé qualcosa di straordinario e magari si riuscirà ad approvare questo taglio straordinario.
La fine della Provincia e il dimezzamento di consiglieri ed assessori inciderà almeno su tre cose: spesa, funzioni, lottizzazioni. La spesa si capisce: ci saranno da pagare meno sanguisughe. Le funzioni si possono intuire: ci saranno meno soggetti dediti al controllo dei servizi e dei diritti. Le lottizzazioni sono facili facili: meno spartizioni improprie per le comunità montane, consorzi di bonifica, consigli di amministrazione. E’ un intero sistema che dimagrisce e che potrebbe entrare in crisi, ma nel senso buono della parola: si può rimodulare e magari cominciare veramente a funzionare secondo criteri amministrativi. Ma visto che ci siamo: perché non smobilitare anche altri enti? Il costituzionalista Augusto Barbera ieri in un’intervista per il Corriere della Sera giustamente diceva che sono da ripensare anche i consorzi di bonifica, le comunità montane e anche le camere di commercio: queste ultime, infatti, hanno la doppia natura di vigilanza e rappresentanza periferica del ministero delle Attività produttive e possono contare anche sul gettito delle tasse camerali pagate da imprenditori, commercianti, artigiani. Insomma, è tutto un mondo in movimento e speriamo che sia effettivamente mosso e smosso per rimettere in moto la società italiana che in Europa è quella più statica fino a rasentare la immobilità.
Ciò che colpisce della casta sannita è soprattutto questo: la sua acquiescenza intellettuale. Possibile che da qui non esca mai un uomo politico capace di anticipare in positivo i tempi e di rappresentare il cambiamento delle necessarie riforme sia dello Stato sia degli enti locali? Eccezioni ce ne sono, ma timide. Qui si fanno solo due cose, anzi tre: si fanno battaglie di retroguardia, come nel caso della Provincia; ci si bagna il dito per capire dove tira il vento; ci si adegua al cambiamento nel tentativo camaleontico di non cambiare mai nulla. Sarà così anche questa volta? Sarà così anche questa volta. Con un particolare non irrilevante. Questo: la politica sarà ridotta nel suo peso sociale. Si tratta di una novità caratterizzante che dovrebbe essere compresa soprattutto dalle giovani generazioni che devono poter non contare sulla mediazione politica per affermarsi nei mestieri, nel lavoro, nelle professioni e in generale nella vita.
Il compito che la politica e i partiti hanno storicamente svolto – compito non solo e non sempre negativo, sia ben chiaro – è quello della mediazione tra bisogni e risorse. Una mediazione che va in scena tra centro e periferia, Roma e Benevento, ministero e provincia, ma ancor più tra clienti e partiti che nella gestione delle risorse – soldi, conoscenze, facilitazioni – e nel soddisfacimento delle richieste hanno fondato gran parte del consenso e della sua cura e coltivazione. E’ una tradizione che è destinata a finire? Finire è una parola grossa. Diciamo che è destinato ad essere rivisitata: le risorse da gestire sono di meno e le richieste da soddisfare non sempre sono alla portata di politici cialtroni. La mediazione comunque resterà. Speriamo che migliorerà il suo livello: anche qui c’è la possibilità di avere “mediatori” di miglior qualità. Ma il principio della selezione e del merito deve farsi strada nei partiti. Per mettere un po’ di cose a posto ci vorrebbe un governo Monti anche nel Sannio. Un “presidente montiano” per la Provincia sarebbe un buon modo per iniziare la nuova stagione. Dove cercarlo? Nei partiti, per come sono ora, non c’è niente.