(Sanniopress) – Le comunità montane sono una schifezza. Lo sanno tutti. Anche chi ci lavora. Tanto che ci lavorano senza essere pagati. Prendete il caso della Taburno con a capo il Sarchioto (Libero Sarchioto è consigliere comunale in quel di Moiano, dove ha ricoperto anche la carica di vicesindaco, e ha fatto campagna elettorale per Luca Colasanto). Che cosa succede alla Taburno? Oltre cento operai – indraulici forestali – non beccano un soldo da dicembre (stipendio pagato il 20 gennaio). Se tanto mi d tanto non vedranno lo stipendio di gennaio prima della primavera. Però, non tutti sono figli della cameriera. Ci sono anche i figli della gallina bianca. I sindacati, ad esempio – Cgil, Cisl e Uil -, divulgano questa notizia: gli amministrativi percepiscono lo stipendio secondo calendario, mentre gli operai vanno cantando. Il Sarchioto cosa dice?
Le comunità montane sono un vero nervo scoperto. Anzi, qualcosa di più di un nervo scoperto. Si ricorderà che nella scorsa campagna elettorale finirono nel girone infernale degli enti da sopprimere, insieme con le famigerate province. Non sono proprio un carrozzone, ma una carrozzina senz’altro. In questa carrozzina, però, ci sono almeno due categorie sociali: quella degli operai, che storto morto fa qualcosa se qualcuno la guida e dirige sul territorio comunitario da curare; e quella dei politici che si dividono la gestione dell’ente secondo i noti criteri meritocratici “tanto al chilo”. Mandare a casa gli operai e gli impiegati, si capirà, non è né possibile né giusto, né utile. Ma mandare a casa i politici sarebbe già un buon risparmio di soldini e di confusione amministrativa. Qui il punto è: ci sono lavoratori con famiglie che vanno tutelati e impiegati secondo mansione. La politica, purtroppo, non aiuta. Più che risolutrice di problemi è essa stessa un problema.
Nelle condizioni degli operai della comunità del Taburno si vengono a trovare periodicamente anche gli operai delle altre comunità montane. Il problema è sempre lo stesso: non ci sono soldi e la Regione non finanzia, se non a singhiozzo e con intervalli sempre più lunghi. Prima o poi il bubbone scoppierà e dal singhiozzo si passerà alla sete, i soldi mancheranno e nascerà il caso dei lavoratori delle comunità montane senza stipendio, come è avvenuto per altre “categorie”: gli ex consorzi dei rifiuti, i forestali, i consorzi di bonifica. Sono tutte situazioni al limite perché si tratta di cambiali firmate a cuor leggero che tornano indietro.
Ci permettiamo di dare un consiglio al presidente Sarchioto: si dia da fare, faccia il diavolo a quattro presso i suoi interlocutori istituzionali e politici. I quali, poi, una volta reperiti i fondi sapranno fare il loro bravo comunicato e strombazzare ai quattro venti il miracolo dell’avvenuto pagamento. Una toppa, solo una toppa. Un politico serio deve fare altro. Ad esempio, amministrare gli enti montani senza la lottizzazione partitica e riformare le comunità ipotizzando anche una loro gestione diretta da parte della Regione. Ma qui si finge il nulla e quando il bubbone scoppierà si piangeranno lacrime greche.