(Sanniopress) – Volete sapere la verità sul futuro del Pdl e sul governo Monti? Dovete aspettare marzo. Dunque, ancora soltanto qualche giorno. Lo dice Fabrizio Cicchitto nel suo saggio politico di prossima uscita per la rivista L’Ircocervo. Qualche anticipazione, però, la possiamo già dare perché nella sua ricostruzione della crisi internazionale e della crisi italiana, il caprogruppo del Pdl alla Camera lascia facilmente immaginare la meta verso la quale si è in cammino. Anzi, lo dice esplicitamente: “Il PDL deve riservarsi una valutazione complessiva della situazione di qui a qualche mese lasciandosi libere le mani rispetto ai due diktat contrapposti, quello della Lega che condiziona un’intesa elettorale al Nord ad una immediata crisi di Governo, quello di chi ci chiede di impegnarci ad occhi chiusi e perinde ac cadaver fino al2013. A nostro avviso il PDL dovrà fare a marzo il punto, senza fare oggi scelte pregiudiziali e precostituite”. Senza ripetere adesso quanto ha dichiarato in modo perentorio l’ex ministro leghista Calderoli – “l’alleanza con il pdl è morta e sepolta” – appare evidente che il Pdl non considera più recuperabile il rapporto con la Lega e pensa a se stesso come a una “cosa nuova”.
Il saggio di Cicchitto è lungo e articolato: svolge sia un’analisi economica del mondo americano e del continente europeo, sia una storia degli avvenimenti politici e giudiziari degli ultimi anni, quando ebbe inizio l’ultimo governo Berlusconi. Tuttavia, dovendo indicare il cuore del saggio, beh, appare evidente che questo batta là dove il capogruppo del Pdl parla chiaramente dell’errore commesso dalla Lega nell’estate del 2011 quando rifiutò di riformare le pensioni. Un errore che, sembra di capire, per Cicchitto non solo ha determinato la fine del governo Berlusconi e la nascita del governo Monti ma ha ancora adesso un peso politico chiaro nell’influenzare gli sviluppi della politica e delle alleanze di partito. “Attraverso la segreteria di Alfano è in atto il tentativo di una profonda trasformazione del partito, da partito guidato unicamente da una leadership carismatica a partito che mantiene la leadership carismatica di Berlusconi ma che si auto-organizza sul territorio e nella società civile e che ha una guida politica, appunto quella di Angelino Alfano”. Che significa? Che è finita l’era berlusconiana che si reggeva sulla presenza del leader e del suo carisma, vero o presunto. Qui Cicchitto parla di un Pdl 1 e un Pdl 2 e boccia l’ipotesi del doppio partito che per certi versi è la riedizione di quanto si fece nel 1994 con l’alleanza al Nord con la Lega e al Sud con il Msi: “Non sarebbe certo una via d’uscita dalla attuale difficoltà politica quella di ipotizzare un PDL del Nord e un PDL del Centro-Sud magari con due leadership diverse e con 2 diverse alleanze politiche. Il PDL è per definizione un partito nazionale e la sua eventuale divisione per aree geografiche sarebbe un suicidio”. Dunque?
Ecco la novità politica di Cicchitto: “Per ciò che riguarda la politica delle alleanze essa, allo stato, attraversa una situazione di difficoltà da entrambi i lati, quello della Lega e quello UDC. D’altra parte, come abbiamo già visto, a luglio-ottobre la Lega Nord si è assunta una responsabilità assai rilevante per la riuscita dell’operazione architettata contro Berlusconi rifiutando la riforme delle pensioni, successivamente la Lega non si è posta l’obiettivo di salvare il paese dalla crisi finanziaria, ma il problema opposto, quello di cavalcare l’inevitabile dissenso. Ci auguriamo che sia possibile riprendere un discorso, ma la manifestazione di Milano si è svolta all’insegna di un integralismo che andava addirittura oltre Bossi”. La distanza che c’è tra il Pdl e la Lega sembra ormai incolmabile: sia per quanto accaduto in estate – l’errore della Lega, dice Cicchitto – sia per la scelta della Lega di “cavalcare l’inevitabile dissenso”. Allora, Cicchitto si volta dall’altra parte e cerca il dialogo con i moderati: “Come ha rilevato Maurizio Lupi c’è qualche intenzione nell’UDC di puntare a disarticolare a mettere in difficoltà il PDL. Al punto in cui siamo sia per ciò che riguarda la persistenza di una situazione assai grave a livello internazionale sia per i rischi di scollamento fra il sistema politico e la pubblica opinione, riteniamo che la cosa più seria, ma anche la più realistica per tutti, per noi del PDL ma anche per Casini sia quello di andare oltre i giochi tattici. Allora la nostra risposta fondamentale deve essere quella da un lato di migliorare e rinnovare il PdL in quanto tale, dall’altro quella di lavorare esplicitamente per una grande formazione politica che vada aldilà di ciò che è lo stesso PDL con l’obiettivo strategico di offrire un nuovo soggetto politico in grado di coprire tutto lo spazio moderato e riformista esistente a livello politico, sociale e culturale”.
La novità di cui parla Cicchitto è “una grande formazione politica che vada aldilà di ciò che è lo stesso Pdl”. E prima di concludere l’articolo che anticipa l’uscita del saggio di Cicchitto che, in fondo, divulga la nuova linea politica del Pdl, riportiamo ancora un passo: “Non si tratta di rifare la DC perché in politica e anche nella storia i flashback non esistono, ma di aggregare tutti coloro che sono moderati, riformisti, provenienti dalle esperienze politiche dei cattolici, dei socialisti riformisti, dei laici, dalla evoluzione della destra democratica e specialmente di giovani che non hanno avuto modo di conoscere le sigle precedenti e che quindi non si portano dietro il retaggio del passato ma hanno un orientamento politico culturale preciso. A mio avviso questa operazione deve coinvolgere il PDL, l’UDC, altre forze, aprire, se possibile, un confronto positivo con la Lega, aldilà dei giochi tattici, dei rinvii, dei tentativi, di operazioni di piccolo cabotaggio. La vita politica italiana per effetto di un combinato disposto del tutto micidiale costituito dalle conseguenze sociali della crisi finanziaria e del conseguente rigorismo economico, dall’anti politica e dal gioco a somma zero delle forze politiche esistenti rischia di andare incontro a derive devastanti, se non si alza il tiro sul terreno della prospettiva politica e se dallo stesso PdL, in un momento di indubbia difficoltà, non viene un appello e un’iniziativa politica per andare oltre la situazione attuale e le schermaglie quotidiane. Con un’iniziativa di questo tipo si potrebbe anche interloquire con il dibattito all’interno del mondo cattolico che allo stato rivela l’esistenza di molti fermenti, intenzioni, velleità insieme generosi e contraddittori”. E allora, la conclusione? E’ quanto veniamo scrivendo su queste pagine da qualche anno a questa parte: il partito dei moderati. Il governo Monti ne è già un’espressione.
(tratto da Liberal)