(Sanniopress) – Il 29 marzo del 1995 terminava l’esperienza de La Voce, il quotidiano fondato da Indro Montanelli all’indomani della sua “cacciata” da Il Giornale, voluta da Silvio Berlusconi. A staccare definitivamente la spina, come abbiamo scritto nei giorni scorsi, fu lo stampatore di Baselice Luca Colasanto.
Ecco cosa scrisse Indro Montanelli in proposito nel suo ultimo editoriale intitolato Grazie lettori:
Siamo grati all’editore del Giorno per averci offerto il modo di far udire ai nostri lettori la voce della Voce, anche se sarà sopraffatta da quella di tutti i canali Fininvest, molto interessati a fornire all’accaduto la versione dello stampatore Colasanto. La nostra è quella riassunta nel comunicato diramato alle agenzie ieri sera, quando eravamo convinti di non avere coi lettori altro mezzo di comunicazione. Eccone il testo.
Per una controversia delle solite, lo stampatore Colasanto si è rifiutato di mandare in macchina ”La Voce” la notte di lunedì: ecco il motivo per cui ieri è mancata nelle edicole. Nel merito della vertenza non vogliamo entrare: lo farà il giudici se approderà fino al suo tavolo. Vogliamo solo ricordare che queste brighe appartengono all’ordinaria amministrazione di tutti i giornali che non hanno la fortuna di possedere una stamperia in proprio, ma mai o quasi mai si risolvono con la decisione unilaterale di bloccare le rotative, colpo mortale specie per un quotidiano nato da poco. Abbiamo cercato di capire il perché di questo gesto inconsueto. Ma l’unica cosa che abbiamo potuto appurare è che il signor Colasanto è in questo momento molto impegnato nelle elezioni regionali della natia Benevento come candidato di Forza Italia. Non sappiamo se questo suo coinvolgimento politico abbia qualche connessione con gesto di aperta e micidiale ostilità nei nostri confronti. Saremo proponesi a considerarla solo una fortuita coincidenza se un accordo di emergenza raggiunto con un’altra tipografia non fosse stato bloccato da un verboten imposto non sappiamo da chi, né perché. Diramiamo questo comunicato nella speranza che i nostri colleghi di stampa e televisione ci diano una mano per farlo giungere ai lettori dai quali siamo ormai tagliati fuori. Nata da poco e di fragilissima costituzione, temiamo che “La Voce” non possa resistere a tutte queste ‘coincidenze’ destinate probabilmente a ripetersi. Che almeno i lettori ne siano informati.
Salvo il fatto che, grazie al Giorno possiamo comunicarlo direttamente ai nostri lettori, a questo testo non abbiamo rettifiche da apportare, ma solo qualche reticenza da ritrattare. Prevediamo cosa dirà il signor Colasanto a giustificazione del suo rifiuto a stampare La Voce. Dirà che non aveva altro modo per costringerci a saldare un debito. Vorrei sapere quale azienda non ha dei debiti coi propri fornitori e quale fornitore ha interesse a mettere sul lastrico il proprio debitore, come il signor Colasanto ha tentato di fare con noi. La verità è che noi non ci rifiutavamo di pagare il debito. Volevamo soltanto ridiscutere i termini del contratto che malauguratamente ci lega a lui per sette anni.
Evidentemente la condotta jugulatoria ed anche proditoria del signor Colasanto è stata suggerita da altri moventi su cui ieri non abbiamo voluto insistere. Ci siamo limitati a notare la strana coincidenza del suo improvviso irrigidimento con la discesa in campo nell’agone elettorale come candidato di Forza Italia e col contratto stipulato per la stampa di un giornale della stessa area. Coincidenza probabilmente fortuite, avevamo scritto. E tali continueremmo a ritenerle, se ora non ci fosse quella della immediata scrittura di Colasanto da parte di quel grande impresario di verità e di oggettività che risponde al nome di Emilio Fede per dimostrare i procedimenti truffaldini della Voce ed il suo stato preagonico. Non avremmo mai voluto abbassarci ad una polemica di questo livello. Purtroppo dobbiamo adattarla alla statura dell’avversario (e non alludiamo a Colasanto).
Ciò che ci preme è di dire ai lettori tre cose. La prima è che non vogliamo drammatizzare l’accaduto: siamo passati attraverso ben altre tempeste. La seconda è che l’accaduto potrà, anzi certamente tornerà ad accadere. La terza è che ci sono molti modi per far morire, senza ucciderlo, un giornale; ma tutti questi modi hanno bisogno di un complice: l’indifferenza del lettore.
Dalle telefonate, dai telegrammi, dai fax che ci hanno sommerso per tutta la giornata, abbiamo tratto l’impressione che su questo complice i nemici della Voce non possono contare.
Grazie lettori.
Indro Montanelli