(Sanniopress) – La neve è faticosa, la normalità lo è di più. Riconquistare la vita quotidiana nella sua normalità sarà altrettanto faticoso. La eccezionalità di questi giorni – eccezionalità che, è bene ricordarlo, rientra semplicemente nella stagione invernale – ha interrotto le nostre cose ordinarie e ha introdotto nel tempo storico attraverso il tempo naturale cose straordinarie. Scuole chiuse, ragazzi a spasso, uffici semiaperti, strade imbiancate, autostrade chiuse, spazzaneve, interventi di soccorso e un clima o, meglio, uno stato di eccezione a metà strada tra la vacanza e la sosta forzata. Lentamente, a partire da domani, bisognerà ritornare nei ranghi, riaprire le scuole, riprendere la vita di sempre con le sue abitudini e i suoi progetti lasciati appesi. Anche se è alle porte una nuova perturbazione che, probabilmente, turberà più i pensieri che le cose materiali. Un’eccezionalità troppo prolungata è una maschera della normalità, perché la vera fatica è la vita normale.
La ripresa della vita normale, neve o non neve, gelo o non gelo, è indispensabile. Prendete il caso della scuola. Per certi versi è emblematico, quasi un riassunto della vita civile. Gli studenti, grandi e piccoli, non frequentano le aule scolastiche con regolarità ormai da una settimana abbondante. Il clima vacanziero fa presto ad affermarsi mentre con grandi sforzi si riesce a mandare in vacanza la vacanza. E’ come se dopo un mese scarso dalla fine delle feste natalizie fosse arrivato nuovamente il Natale. Quel che vale per la scuola vale per tutto il resto. Certo, c’è chi sotto la neve non ha mai smesso di lavorare e, anzi, ha raddoppiato le ore di lavoro. E’ il caso dei vigili del fuoco e delle forze dell’ordine in genere, ma queste sono eccezioni dovute proprio allo stato d’eccezione. Ciò che qui conta, invece, è la vita normale, quella che scorre apparentemente sempre uguale a se stessa, quella nota, ripetitiva, noiosa ma della quale non possiamo fare a meno.
Prendete un altro caso: le riunioni al Comune con il cosiddetto Coc. Gli sforzi municipali si sono concentrati sull’emergenza e il lavoro usato è saltato per aria, stravolto. Quando è sopraggiunta la perturbazione nevosa a Palazzo Mosti si erano appena seduti per discutere il da farsi su alcune “misure Unesco”, chiamiamole così. Che ne è ora di quelle intenzioni e di quel barlume di iniziativa? Come nel gioco dell’oca, si ritorna alla casella iniziale e bisognerà nuovamente lanciare i dadi, riprendere il ritmo, che già era blando, e la direzione, che appariva incerta. Il governo cittadino, in fondo, è una scolaresca di persone adulte, ma sempre scolaresca è. La neve, pur con la sua serietà, ha ingenerato un’aria vacanziera che adesso si farà fatica a scacciare. Lo stato d’eccezione si porta dietro un che di elettrico ed eccitante che di per sé risulta nutriente ed appagante, mentre l’operosità quotidiana è grigia, quasi anonima, lascia insoddisfatti perché i frutti tardano a venire. Il recupero del governo delle cose normali sarà faticoso per l’amministrazione cittadina che di per sé tende al grigio più che ai colori della primavera, naturale o politica che sia.
Prima della Grande Nevicata, tutti attendevano il Grande Botto. Quale? Quello giudiziario che è dato per imminente, la vera grande perturbazione in arrivo. Finora, però, la previsione del maltempo politico si è rivelata sbagliata. Le cose accadono mentre siamo impegnati a fare ed a pensare ad altro. Nella vita come nel resto della vita. Ora, passata la buriana invernale, si ritornerà a pensare alla buriana giudiziaria. Faremmo tutti meglio, invece, a pensare alla operosità e straordinarietà della normale vita quotidiana. La sola capace di dare un senso anche all’ordinario stato d’eccezione.