(Sanniopress) – Nicola, ma te lo vuoi mettere in testa che io non condanno e non assolvo, non atterro e non suscito? Io faccio solo il mio mestiere che, storto morto, ho imparato a fare nel tempo, perché qui nessuno nasce imparato. Quando sbarcai in Parlamento per fare il cronista mi sentivo un po’ spaesato. Avvicinai timoroso Guido Quaranta e gli chiesi: “Scusa, Guido, ma cosa si deve fare in questo lavoro per avere successo”. Mi guardò, sorrise, e mi disse: “Devi rompere i coglioni a tutti”. E io così ho fatto. Ma non per il successo che non ho, quanto perché o il mestieraccio lo fai così o è meglio che cambi strada. Ora, Nicola, se chiedi un contributo su di me, così, a casaccio a Faustino, a Nelluccio, a Lelluccio, a Carminuccio, a Cosimino, a Giovannino, a Mariuccio, a Umbertino, a Nunziata, a Pasqualino, sai che ti diranno? “Ah, chi Desiderio? E’ un rompipalle” (qualcuno ti dirà di peggio e qualcuno ti dirà di meglio, ma questo non conta). Però, a tutto c’è un limite, anche al rompimento di coyotes. La cosa da capire qui è questa: se nevica coi fiocchi, mi sai dire per quale motivo me la devo prendere con lo Stato? Ti rendi conto che qui la tua posizione, con tutta la tua cultura, non è diversa da chi dice “Piove, governo ladro”?
Ma poi, scusa eh, Nicola, ma il mio pezzo dice proprio il contrario di quanto gli fai dire tu. Solo che non tiro in ballo lo Stato lontano, ma lo Stato vicino: i Comuni. Ma cosa vuoi che ne sappiano del Fortore e come si arriva a San Bartolomeo in Galdo al ministero dei Trasporti. Ma secondo te a via Santa Lucia a Napoli lo sanno? Gli unici che lo sanno sono i fortorini e sono loro con i loro sindaci, assessori, tecnici che si devono dare una mossa se non vogliono essere isolati ogni volta che nevica alla grande. Diciamo le cose come stanno e continuiamo con l’esempio del Fortore: ma chi se ne fotteva del Fortore e dell’Irpinia, pure con i suoi morti, se il freddo, la neve, il gelo non fossero stati straordinari e non avessero investito non solo tutta l’Italia ma l’Europa intera? In questo marasma generale è venuto fuori anche il Sannio e hanno detto: “Oh, guardate che lì si puzzano dal freddo, accendete la luce”. Gesù, fate luce, come diceva Mimì, Nico’.
Nel Fortore non nevica ogni novant’anni. Nevica tutti gli anni. Quindi è dovere di quelle amministrazioni farsi trovare preparati per queste evenienze e orientare il governo del territorio tenendo presente quelle che sono le effettive esigenze. Questo principio di auto-governo vale per tutti. Vale anche per Benevento. Il principio è elementare ma, purtroppo, non appartiene alla nostra cultura a partire dalle elementari: lo Stato arriva là dove non arrivano gli enti locali. Questa cosa sacrosanta, che tra l’altro è una salvaguardia di libertà e dignità, è stata capovolta: gli enti locali non arrivano da nessuna parte perché pensa a tutto lo Stato. Il risultato, come vedi, è un disastro dopo l’altro. Perché l’idea che tanto ci pensa lo Stato, che di per sé non pensa, si trasforma in concreto in disamministrazione, in inefficienze, inadempienze, speculazioni, distorsioni che se sono tutte cose illegali siamo fortunati mentre diventiamo dei disgraziati quando il tempo, la natura, l’economia presentano il conto. Allora si contano i danni e i morti.
Il danno maggiore, però, non è quello materiale bensì quello morale. A furia di pensare “tanto ci pensa lo Stato” abbiamo finito per crederci e abbiamo dimenticato che lo Stato siamo noi e così lo Stato è diventato un alibi per auto-assolverci da tutte le nostre colpe e responsabilità. Il malessere sociale, che si avverte e che esplode in situazione estreme, e il servilismo politico hanno qui la loro origine. In questo sistema malato in cui tutto è sottosopra e la coscienza morale è sdraiata o sul divano o sul tappetino d’ingresso accade che le sciagure diventino ancor più fonte di potere, arricchimento e corruzione. Ti devo fare degli esempi o ti arrangi da solo?
Dunque, caro Nicola, io non sono il fustigatore di un bel niente. Non sono Batman, anzi, non sono Robin Hood. Quando me lo dici mi schiatto dal ridere. Io mi sforzo solo di capire per poi sforzarmi di essere chiaro per farmi capire. Io mi limito a fare una critica il più possibile pubblica, cioè misurata sulle azioni pubbliche (per le azioni private se ne occupa un altro Signore). Quando a volte miro dritto all’uomo politico lo faccio solo perché in fondo ho rispetto per la funzione che rappresenta e lo chiamo e li chiamo e cerco perché, lo vogliano o no, quella funzione che sia presente o che sia assente svolge un ruolo nel racconto di una storia sociale che ci sforziamo di raccontare nei suoi accadimenti e nei suoi significati su queste pagine, oggi come ieri. Ma, per quanto sia importante, quella funzione non è tutta la storia nella quale ci sono tanti fattori imprevisti che ritornano. Proprio come la neve.
Concordo su tutto, nel merito della questione. Ma in primis concordo sulla necessità, sul DOVERE INTRANSIGENTE di essere dei “rompipalle”, pretendere legalità, marchiare a fuoco il servilismo politico, gli alibi e la coscienza morale individuale e collettiva ridotta a zerbino. Da intellettuali come Desiderio non posso che ricavare incoraggiamenti, grazie!
http://altravocedelsannio.webnode.it/news/intercettazione-telefonica-tra-il-sindaco-claudio-ricci-di-san-giorgio-del-sannio-e-il-capo-del-dipartimento-protezione-civile-franco-gabrielli-/