(Sanniopress) – “Una mattina, avevo da poco compiuto vent’anni, sui giornali di tutta Napoli apparve il volto di mio padre affiancato a quello di Paoletto, un amico: Presi scissionisti, uno di loro si rifugiava in una villetta nel castellano. Ricordo che piansi per pochi secondi. Non certo per il dispiacere di aver perso per un breve o lungo periodo mio padre, visto che lo vedevo sempre più di rado, ma per la rabbia di non aver capito. Di non aver capito davvero niente, di aver vissuto una vita che solo in parte potevo capire”.
Così Alessandro, protagonista di una delle storie raccolte nel libro “La giusta parte. Testimoni e storie dell’antimafia” (Caracò Editore, 2011, costo: 12 euro), racconta la terribile scoperta. Il volume curato da Mario Gelardi (regista della versione teatrale di Gomorra) contiene tante storie come questa, diverse tra loro ma accomunate da un unico filo conduttore: raccontare l’antimafia quotidiana, “quella fatta da uomini e donne che ogni giorno si ritrovano in prima linea per aver fatto una scelta di vita, tra le tante possibili, che condiziona inesorabilmente anche la loro esistenza: una scelta di responsabilità e di impegno civile”.
Una lettura che consente di riflettere sulla pervasività del fenomeno mafioso, in grado di allignare dovunque, capace di infettare e compromettere la vita di chiunque, anche di chi se ne ritiene al riparo, com’è appunto il caso di Alessandro, mandato via dal rione Traiano dalla madre separata e che all’età di ventuno anni scopre che il padre è un camorrista. E pensa: “La camorra mi ha sfiorato, si è acquattata nell’ombra, ma non è riuscita a prendermi”.
E c’è poi la storia del giudice Raffaele Cantone contenuta nel capitolo La linea, che non riesce a dormire alla vigilia della sentenza della Corte di Cassazione sul processo Spartacus, l’ultima pronuncia. Dalla finestra scorge l’auto della scorta avvolta nel buio. A quegli uomini deve tutto. Sono i guardiani della sua linea di confine. Custodi di carne o ossa della sua scelta. E riflette sul fatto che non esistono brave persone e persone cattive: “No. Esiste una linea. E ogni giorno ciascuno di noi sceglie da che parte stare. Non è una scelta facile, scontata, fatta una volte per tutte. La linea è sempre lì e non si è mai sicuri. Bisogna ogni volta scegliere”.
Un capitolo del libro è dedicato al giornalista siciliano Pippo Fava, ucciso dalla mafia con cinque piccole lame di piombo, che era l’essenza di un mestiere che, per chi è animato da passione e ideali puri, diventa una missione al servizio della verità. “Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza, la criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente all’erta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo “.
C’è, infine, la storia del giovane Salvatore Nuvoletta, medaglia d’oro al valor dell’Arma e a cui il 7 maggio 2011 è stato dedicato lo stadio di Marano. E’ il protagonista del capitolo L’atleta e il carabiniere”, che si chiude con un messaggio toccante: “L’elaborazione di un lutto si è trasformata ancora una volta in un’opera di impegno civile. C’è una targa all’ingresso con il suo nome e con una frase che non lascia indifferenti: la camorra non potrà mai appropriarsi della nostra memoria. Negli anni ho capito che la memoria è il bene più importante che abbiamo, da custodire dome un dono prezioso e da alimentare giorno dopo giorno, soprattutto in queste terre, tra questa gente”.
Il volume (che raccoglie i contributi di Francesco Barra, Alessandro Chetta, Tina Cioffo, Daniela De Crescenzo, Corrado De Rosa, Rosario Esposito la Rossa, Alessandro Gallo, Mario Gelardi, Santina Giannone, Marina Indulgenza, Giuseppe Miala di Mauro, Ciro Oliviero, Carmen Pellegrino, Massimiliano Perna, Luigi Pingitore, Patrizia Rinaldi, Maria Cristina Sarò e Cristina Zagaria e i cui diritti saranno devoluti ad un progetto culturale per i ragazzi dell’istituto penitenziario minorile di Nisida) racconta, insomma, in un continuum armonico di verità, emozioni e rabbia civile, la lotta quotidiana di quelle perone che hanno scelto, tra le tante alternative possibili, quella più impegnativa: stare dalla giusta parte.
Una scelta di libertà e responsabilità che accomuna donne e uomini che non si sono piegati, che non hanno rinunciato al proprio ideale di giustizia, ciascuno nel proprio ambito quotidiano.
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