(Sanniopress) – Tornano a colpire i bracconieri. Sono stati denunciati ai carabinieri tre cacciatori di frodo, sorpresi ad uccidere un cinghiale in una zona protetta in località Cupazzo di Apice, un’area boschiva interdetta alla caccia per il ripopolamento. Il sequestro del fucile e delle munizioni sarà ben poca cosa, insieme alla blanda multa che riceveranno. È ben noto che non si tratta di episodi isolati, ma di pratiche diffuse in tutte le aree boschive dell’Appennino. In questi giorni di forti nevicate il pericolo che splendidi esemplari finiscano nel mirino di questi delinquenti sarà ancora più alto, poiché la fame spingerà gli animali verso i centri abitati.
A fine gennaio Legambiente aveva già denunciato l’uccisione di 4 lupi nell’Alto Sannio (nei dintorni di San Marco dei Cavoti), due uccisi a fucilate e due avvelenati. L’associazione evidenzia in un clima di forte indifferenza la gravità dell’abbattimento della fauna selvatica protetta e in via d’estinzione. “I ritrovamenti concentrati in un’unica zona – dichiara Antonio Nicoletti, responsabile Aree protette di Legambiente – non lasciano dubbi sulla matrice criminale di questi episodi, sui quali occorre fare piena luce. E’ necessario supportare con determinazione gli sforzi del Corpo Forestale dello Stato e chiediamo alle istituzioni, in primis la Provincia di Benevento, un impegno particolare e un intervento deciso per tutelare una specie di fondamentale importanza per il mantenimento degli equilibri ecologici. Bisogna indagare a fondo sulle cause di questi fenomeni al fine di contrastare la persistenza di un contesto socio-culturale tollerante verso le illegalità e non favorevole alla conservazione della fauna”.
La redazione di Bene Comune si associa con forza alla battaglia di Legambiente, sollecitando il presidente Cimitile e l’assessore Aceto a compiere azioni concrete affinché il bracconaggio venga contrastato senza se e senza ma. Non solo la Provincia deve sentire il dovere di proteggere un ecosistema già fragile, ma anche i sindaci dei Comuni che ricadono in aree boschive (protette e non) hanno l’obbligo morale di presidiare il fenomeno, anzi sono i primi a poter individuare con facilità gli amanti della doppietta.
La speranza è che le istituzioni decidano finalmente di porre fine per sempre alla caccia, così come era ben chiaro già nel referendum del 1990. Quel poco che resta di natura selvatica non può consentire la sopravvivenza di questa pessima usanza. Gli animali e le piante dei boschi non sono res nullius, che il cacciatore di turno può decidere di abbattere a piacimento, ma patrimonio di tutti: come un monumento, una chiesa o un’opera d’arte.
(tratto da Bene Comune)