(Sanniopress) – Latouche è un economista, Franco Arminio è un paesologo. La differenza è tutta qua. E non è poca. Latouche è un marxista pauperista che prende troppo sul serio la caduta tendenziale del saggio di profitto e la fine della razionalità occidentale che se non ci fosse stata andava inventata altrimenti saremmo ancora nella Caverna, dalla quale, in verità, non si esce mai del tutto ma un conto è cercare sempre di uscire alla luce del sole e un altro fare marcia indietro e restare al buio. Franco Arminio, invece, non essendo un economista, prende sul serio la vita di paese e ritiene che la paesologia possa aiutare a capire che in un Paese fatti di ottomila comuni e paesi, proprio i paesi, quelli esposti a Mezzogiorno, possono essere una risorsa per non essere sempre più spaesati. Il punto che fa la differenza è l’invenzione o innovazione.
Ieri nell’intervista rilasciata di Natascia Festa, il paesologo ha fatto una considerazione sulla Coppa America. Ha detto: Quanto può durare l’indotto di una manifestazione che, certo avrà un’enorme eco mediatica, ma che non stratifica nulla a lungo termine? Né crea nulla di nuovo. Si fosse pensato a ideare una ‘Coppa del Mediterraneo’, capace di tenere testa alle regate internazionali allora forse sì, si poteva parlare di modello di sviluppo per il Mezzogiorno, ma così mi sembra sostanzialmente inutile”. Dunque, non solo imitazione ma anche invenzione. La paesologia non è una scienza ma una poetica e forse proprio per questa sua natura estetica funziona meglio della scienza economica. La decrescita di Latouche è la vecchia formula marxista che interpreta la società liberale sulla base della morale o di un’altra e futura e ipotetica società che fu detta comunista è anche “scientifica”. Insomma, è un’imitazione e in quanto tale è stata già criticata più volte e si è messa in luce la “insostenibilità” del suo progetto. Lo si è fatto anche nella cultura italiana a cavallo tra Ottocento e Novecento e se avessimo più memoria della nostra formazione culturale e nazionale ci eviteremmo le tante “seconde volte” o quelle repliche della storia che già Marx descriveva come farsesche. Anche Arminio è qualcosa di già visto? Anche la paesologia ci racconta ancora una volta che “il futuro ha un cuore antico”? Può darsi, perché a questo mondo l’invenzione totale – ex nihilo – è solo divina. Noi ci dobbiamo accontentare di ciò che già c’è. Il nostro stesso pensiero è una forma di collaborazione ai pensieri degli altri. Ma qual è il contributo meridionale?
L’altro giorno ho trascorso una mezza giornata con Carmine Nardone che è noto per essere stato un deputato della sinistra e per un decennio il presidente della Provincia di Benevento mentre, in realtà, come allievo di Manlio Rossi Doria è un meridionalista innovatore prestato per un certo tempo alla politica. Nardone ha fondato Futuridea, un laboratorio aziendale che all’innovazione tecnologica è tutto dedicato e si trova, immerso nelle colline che cingono Benevento, nel cuore del Sannio a un passo da quella terra dell’Irpina che ha ispirato la paesologia di Arminio. Innovare equivale a conservare mentre imitare equivale a snaturare ma l’innovazione – ecco il punto centrale – non è fuori ma dentro quella razionalità occidentale dalla quale Latouche ci vorrebbe far uscire mentre gli stessi paesi “nel vento forte tra Candela e Lacedonia” con il loro paesaggio rurale ne sono uno dei frutti più belli, come i campi di pietra e terra, erba e girasoli disegnati da Van Gogh.
(tratto dall’edizione odierna del Corriere del Mezzogiorno)