(Sanniopress) – Se dalla parte alta del Viale degli Atlantici si muove lo sguardo verso la Dormiente del Sannio e il panorama di colline e centri abitati che la circonda, la sensazione che si prova è quasi sempre piacevole. Si percepisce una città normale, come tante altre città piccole. Con i suoi difetti, le sue incongruenze, ma anche le sue bellezze e le sue insopprimibili occasioni di serenità. Si immagina e si scorge la gente che vive la propria vita, ognuno con le sue cose, ognuno inconsciamente scollegato dalla visione d’insieme di cui è parte. La stessa percezione si può avere se si guarda la città dal lato opposto, da quel punto esatto della tangenziale Est in direzione Rione Libertà da cui, con un solo colpo d’occhio, si può guardare quasi tutta Benevento. Ed è bellissimo osservarla da lì d’inverno nelle ore pomeridiane, quando la luce gialla mostra l’anima beneventana un po’ timida, un po’ imbarazzata, come una ragazzina poco vanitosa che scopre un ragazzo più grande di lei mentre la osserva. Una timidezza che sembra svanire quando ci si mette a guardare Benevento Nord dalla zona di Rotonda delle Scienze-Via Mustilli-Via Pertini.
Sensazioni piacevoli, che accompagnano magari una passeggiata o i brevi istanti di attesa ad un semaforo, ad uno stop, mentre si è in auto. La Benevento che si vede si potrebbe vivere da capo a piedi, da Est e Ovest, anche da soli, soli con la città. Camminarla a piedi porta via un’ora, un’ora e mezza al massimo, ma si incontrano e conoscono più cose di quante se ne potrebbero vedere in una pellicola della stessa durata. Benevento è lo scenario ideale per un film, per un romanzo, per una raccolta di poesie. Non è necessario parlare di Benevento per metterla al centro di un’opera: basta poggiare i piedi sul suolo beneventano, esporsi al vento che non è quello di Trieste ma non manca mai, collocare se stessi fisicamente e psicologicamente dentro la città, e raccontare. Benevento è una città che si fa raccontare molto di più di quanto si faccia vedere.
Ma è proprio la Benevento che non si vede, la vera Benevento. Quella delle strade secondarie che puoi vedere solo se ci cammini dentro. Quella dei palazzi abbandonati, teatro della perdizione. La città delle discariche abusive di rifiuti domestici. La città delle contrade infinite che conosci solo se ci abiti. Della sporcizia tenuta nascosta come polvere sotto al tappeto. Degli intrighi e degli imbrogli privati che dilaniano le pubbliche bellezze. Dell’illegalità che tutti sanno ma nessuno conosce. La città che si diverte a sentirsi grande creandosi da sola, con la sosta in doppia fila, il traffico che non ha. La città dove ogni residente può essere prepotentemente e sfacciatamente a casa sua per il solo fatto di essere residente. La città disabituata alla promiscuità con turisti e forestieri e che ha dimenticato pure di rendersi per lo meno presentabile a se stessa. La città delle mille ed una zone franche destinate ai porci comodi di tutti, che tutti conoscono ed accettano ma di cui nessuno pubblicamente ammette l’esistenza.
Solo se la si vive, questa città, si può capire che di Benevento ne esistono due: quella pubblica, in cui domina il perbenismo e la cultura dell’apparenza, e quella privata, nascosta, dove tutto viene privatamente e nascostamente permesso sulla base di un tacito patto di convenienza che ha radici nei secoli.
E’ soprattutto la Benevento privata che deve essere raccontata, messa a nudo, strappata via dalla penombra ammuffita in cui giace da sempre. E’ la Benevento che fa comodo a tutti che deve essere messa in evidenza pubblicamente e pubblicamente narrata, per toglierle la vita some un vampiro arso al sole. Delle due Benevento, solo una può esistere pubblicamente. Ma se quella nascosta, privata, la Benevento che non si vede venisse svelata e resa pubblica, probabilmente entrambi i volti della città cesserebbero di esistere. Ed avremmo finalmente una città virtuosa.