(Sanniopress) – Si fa gran parlare di laicità. E non sempre a torto, bisogna dirlo. La storia è nota. Con un “editto medievale”, per riprendere Antonio Medici, il Comune di Benevento ha limitato la celebrazione dei matrimoni civili ai soli giorni feriali (escluso il sabato e la domenica, quindi) e in orario d’ufficio (di pomeriggio solo il martedì e giovedì). Chi voglia maritarsi o ammogliarsi fuori dalla grazia di Dio, che si arrangi altrimenti. La parrocchia sotto casa lavora festivi e non. Che non ci si lamenti.
La premessa della vicenda è pure essa conosciuta. E famigerata. In una corrispondenza d’amorosi sensi tra maggioranza e opposizione, il 28 dicembre Palazzo Mosti tutto, o quasi, si è adunato presso la Basilica di San Bartolomeo. Ritiro spirituale e di preghiera, si è detto. Presenti all’ incontro il sindaco, Fausto Pepe, il vicesindaco e assessore alla Cultura, Raffaele Del Vecchio, l’assessore al Lavori Pubblici, Pitro Iadanza, quello al Bilancio, Cosimo Lepore, i consiglieri Luigi De Nigris (Sud Innovazione e Legalità), Nazzareno Orlando (Tel), Roberto Capezzone (Pdl), Sergio Tanda (Pd), Mario Pasquariello (Tel), Mario Zoino (Pd) ed Erminia Mazzoni, europarlamentare del Popolo della libertà.
Espiazione del peccato si chiama. E sì, perchè il rettore della Basilica, don Mario De Santis, tutti aveva a suo tempo cazziato: “Servono contenuti, opere e pensieri nuovi, capaci di inorgoglire l’intera comunità civile. Oggi tutto questo è invisibile, nascosto nelle officine della politica (sempre meno affollate e frequentate da circoli ristretti e gruppi d’interesse) che non costruiscono nuove e rivoluzionarie versioni della passione per la città”. E, allora, capatina d’ordinanza dal prete, tre Ave Maria e colpa estinta.
Si volesse procedere a furia di premesse, la cronaca rimembra pure altro. Data 5 settembre, l’Arcivescovo di Benevento in splendida visita per l’esposizione del programma di mandato. Lietissima l’Amministrazione: “E’ grandissimo onore poter ricevere la visita del nostro Arcivescovo nel corso di una seduta simbolicamente tanto importante. L’affetto che lega la città di Benevento al suo Arcivescovo e la devozione che i cittadini nutrono per la propria Chiesa si rinsalda quotidianamente, non solo nella fede, ma anche nella miriade di opere che vedono i rappresentanti della Chiesa in prima linea per la realizzazione del bene comune” (Fausto Pepe, sindaco di Benevento).
Può bastare. Orbene, e alla fine della fiera? Si potrebbe dire, come è stato fatto, che effettivamente, qui, poco si ha da spartire con la laicità. Il Comune, impedendo i matrimoni civili nei festivi, favorisce una confessione e discrimina le altre, di certo le non-fedi. E se è vero che è laica l’istituzione che non favorisce una confessione discriminando le altre, ivi comprese le non-fedi, allora conseguenzialità logica vuole che di simpatie confessionaliste si debba parlare.
Si potrebbe osservare che pure l’esibita adesione ad un culto fa spregio della a-confessionalità dell’istituzione, configurando altra discriminazione. Altera ciò che è di tutti, il pubblico, in cosa per pochi. Cosa privata, si dice.
Potremmo rimarcare che, beh, non ci si poteva aspettare granchè in materia. Di democristiani si parla. Pure se sotto altre spoglie. Ma a me sovviene altro. Mi viene in mente il vecchio Todo Modo di Sciascia, la storia degli esercizi spirituali nell’eremo, di Don Gaetano, dei boiardi democristiani e delle loro puttane. Che lo si rilegga, la storia è tutta lì.