di Giancristiano Desiderio
(Sanniopress) – L’unico argomento contro l’immortalità è la noia dice Cioran in Lacrime e santi. Ma come avrà fatto a capirlo senza aver messo mai piede a Benevento? Qua ci si annoia. Tutto è fermo. Non succede mai un cazzo. Se non fosse per quelli della movida non si saprebbe neanche con chi prendersela ogni tanto. Ma dopo un po’ viene a noia anche la movida. Vedrete, tutto finirà come un fuoco di paglia senza vigili, senza vigilantes, senza niente. Allora? Allora non resta che sperare nel circo politico che con le sue cazzate ci dà un po’ da pensare e un po’ da moraleggiare, ma anche lo spettacolo del bestiario politico viene a noia. Allora? Allora non resta altro da fare che annoiarsi seriamente. Una generazione che non sa sopportare la noia sarà una generazione di uomini meschini: lo diceva Bertrand Russel, uno, peraltro, che avendo avuto la bellezza di cinque mogli, non avrà avuto il tempo di annoiarsi come Dio comanda.
Sì, vabbé, direte, è inutile che metti in mezzo i filosofi. La noia beneventana è di un’altra razza. Qui non ci si annoia per il troppo pensare, per il troppo fare, per la troppa vita, per il troppo troppo ma per il non fare niente, non per l’eccesso di esistenza venuto a noia ma per il difetto di esistenza ossia per l’inesistenza. Dal niente al niente. Dite? Forse lo sapete meglio di me. Dopotutto non sono beneventano, non posso dire di essere beneventese e a Benevento più che viverci ci passo e vi guardo come quell’osservatore impegnato di Aron che sapeva che per ben giudicare non doveva essere né troppo addentro né troppo fuori le cose. Ma questa cosa della noia beneventana è un tasto che mi pare possa suonare meglio. In fondo, ci si annoia a Benevento come a Parigi, con l’aglianico e con lo champagne, e l’idea di andare altrove per fare ciò che si vuole ma non si può fare qua è da rispettare esattamente come l’idea opposta: si può stare qua e fare qua. La noia è come il toro che va preso per le corna. La risposta che si dà alla noia è vecchia come il mondo: distrazione, attivismo, occupazione, perfino la guerra. Ma poi ritorna. La noia non ti molla mai. Soprattutto qua tra il Sabato e il Calore, quando sembra che tutto sia andato per il verso giusto, che ce l’hai fatta, ecco ritornare immancabile la tua compagna di viaggio. Allora? Allora bisogna guardarci dentro alla noia.
La noia può anche fare miracoli. Il vuoto della noia può essere nutritivo (lo dice ancora quel pazzo furioso di Cioran, ma lo diceva anche mio nonno e non aveva letto Cioran ma aveva studiato a Benevento e allora significa che dentro la noia c’è qualcosa di universale e pascaliano – sia nel senso di Pascal, sia nel senso di Pascoli, sia nel senso del pascolo – che funziona allo stesso modo un po’ per tutti). Da qualche parte Cioran arriva a dire una frase che mi pare perfetta per Benevento oggi: “La noia è attingere nel Vuoto a piene mani”. Scavate nella noia beneventana e qualcosa ne verrà fuori. Non vi fissate con la politica. Rischia di essere un alibi. Bisognerà imparare a trarre fuori qualcosa dal vuoto. Per non essere meschini dobbiamo imparare a sopportare la noia beneventana che immancabilmente ritornerà anche quando la città lenta sarà diventata veloce, organizzata, briosa, frizzante, operosa. Voglio dire, c’è una positività della lentezza che va colta. Senza esaltarla, senza osanna, senza cazzate sulla de-crescita che non sta in piedi – come fai a dire a un bimbo “de-cresci sano figlio mio” – senza pensare che il passo della tartaruga sia la vera virtù come la volpe che non arriva all’uva e dice “tanto è acerba”. Eppure, c’è qualcosa di giusto anche nella volpe: certe cose bisogna imparare a farsele piacere, a volerle come un fato proprio perché le si vuole combattere come destino. Altrimenti è tutto un astratto teatro.
Ho iniziato a scrivere questo pezzo per pura noia. Spero di non avervi annoiato. Mi pare che dal Vuoto sia venuto fuori qualcosa di buono. Noi ci educhiamo a fare, a produrre, a lavorare e facciamo bene perché nella vita bisognerà pur fare qualcosa per tirare a campare e provare a costruire qualcosa che vada al di là del proprio naso. Eppure, in questo nostro fare tendiamo poi a non fare niente, a fermarci, ad andare in vacanza, a stare ma quando arriviamo a non fare niente non sappiamo stare con noi e con il tempo libero che aspiriamo ad essere perché siamo stati educati a pensare – a fare no, meglio scansare la fatica – che il tempo è da occupare. Ma il tempo non si lascia occupare perché si occupa di noi che invece di lavorarlo cerchiamo di fregarlo impiegandolo e vanamente occuparlo con un’occupazione fino a quando non subentra la dis-occupazione.
Esistono persino delle teorie sulla proverbiale noia beneventana: http://bit.ly/zzaDFc