(Sanniopress) – Nel libro che è considerato il suo capolavoro, L’Uomo che ride, Victor Hugo racconta di un vezzo barbicato nell’Inghilterra del Seicento, quella di Giacomo II. Li chiama comprachicos, i fabbricanti e commercianti di mostri, zelanti servitori della ghiottoneria di principi e popoli, papi e sultani. Facevano commercio di fanciulli. Ne compravano e ne vendevano . E che ne facevano di questi fanciulli? Dei mostri, per far ridere.
“Si prendeva un uomo e lo si riduceva a un aborto. Si prendeva un viso e lo si riduceva ad un ceffo.(…) In Cina in ogni tempo si è visto fare questo esperimento d’arte e d’industria: il modellamento dell’uomo vivo. Si prende un bambino di due o tre anni, lo si mette in un vaso di porcellana più o meno bizzarro, senza coperchio e senza fondo in modo che vi passino la testa e i piedi. In tal modo egli s’ingrassa senza crescere di statura, riempiendo con la sua carne compressa e con le sue ossa contorte le rotondità interne del vaso. Questo sviluppo in bottiglia dura molti anni. Ad un certo momento esso diviene incontenibile. Quando si ritiene che la cosa sia riuscita e che il mostro è fatto, si rompe il vaso, e si ha un uomo in forma di pentola”.
Mostre itineranti, poi, li esponevano al pubblico ludibrio, sempre gaudente nella fruizione di lordura. L’affiliazione dei comprachicos fu quasi protetta. Giacomo II, uomo fervente che perseguitava gli ebrei, fu buon principe coi comprachicos.
Negli Anni Zero, provincia italiana, provincia beneventana, si racconta di un vezzo. Circensi, così si chiamano, fabbricanti e commercianti di buffoni animali, proni lacchè della fame di sozzura. Fanno commercio di animali. Ne comprano e ne vendono. Ne fanno dei pagliacci, dei saltimbanco, per far ridere.
“L’animale è allontanato dal suo ambiente, nel caso dei cuccioli anche dalla madre, e posto in un luogo sconosciuto e ostile. Gli animali rimangono per il resto del tempo in gabbie anguste a volte incatenati (come nel caso degli elefanti), soggetti al caldo e al freddo. E poi i continui spostamenti, in condizioni estenuanti. Per far alzare alternativamente le zampe ad un orso si ricorre a piastre e pungoli elettrici (nel passato a braci ardenti), per fa “sorridere” un pony lo si punge ripetutamente sul muso con uno spillone, in modo che durante lo spettacolo si ricordi il dolore ed esegua l’esercizio.”(Agire Ora).
Fatta la vivisezione, esibizioni e mostre itineranti mettono in vista artefatti giullari. I produttori dell’animale balocco sono tollerati e nutriti dal Principe. Legittima la loro attività per il legislatore, che ne riconosce la presunta “funzione sociale”, altresì meritevole di sussidi economici. Sei milioni di euro nell’anno di grazia 2010.
Benevento nelle ultime settimane ha ospitato, e ospita ancora oggi, questi spacciatori di gogna a poco costo. L’argomento, allora, è pregnante. Il Comune può fare tanto per metter fine a siffatto abominio, dei cui costi per il benessere animale ho pure scritto in altra sede (vedi il Vaglio.it, sezione animali, Il circo non è tutto lustrini e luccichii).
La legge, come suaccennato, permette l’attività circense che faccia uso di animali, selvatici e non. Sia detto incidentalmente, anomalia tutta italiana in Europa, dove già da tempo hanno vietato l’impiego di animali selvatici Regno Unito, Svezia, Austria. Solo per dire dei principali.
Gli enti locali, nella specie, il Comune, non possono vietare ciò che è riconosciuto legittimo a livello nazionale. Possono, però, circoscrivere la facoltà d’attendamento dei circhi, detto che presuppone idonea autorizzazione amministrativa. Il modello viene da Alessandria. Il Comune piemontese, nel maggio 2011, si è dotato di una ordinanza che non proibisce l’attendamento, e non potrebbe farlo come visto, ma definisce una serie di norme fondate sulle raccomandazioni della Commissione CITES. In sintesi, il provvedimento vieta l’utilizzo e l’esposizione di animali appartenenti a specie selvatiche ed esotiche in attività di spettacolo ed intrattenimento pubblico sul territorio comunale, consentendo l’attendamento esclusivamente ai circhi e alle mostre zoologiche itineranti con al seguito animali appartenenti a specie quali zebre, camelidi, bisonti, bufali, bovidi, struzzi e ratiti nel rispetto di precisi requisiti strutturali.
Il periodo di installazione dei circhi equestri è compreso tra il primo novembre e il 10 gennaio di ogni anno e non verrà rilasciata più di una concessione all’anno.
I circhi attendati sul territorio dovranno assicurare che i ricoveri degli animali siano contenuti in un perimetro recintato che impedisca l’entrata di persone non autorizzate e limiti il rischio di fuga degli animali per il quale dovrà disporre di un piano di emergenza, assicurare l’assistenza veterinaria, non mantenere vicine specie fra loro incompatibili per motivi di competizione, non utilizzare il fuoco negli spettacoli con animali, e non utilizzare gli animali prelevati in natura.
Qualora gli spazi a disposizione degli animali non corrispondano alle misure minime richieste o non siano conformi alle disposizioni di legge o dell’ordinanza, l’attendamento verrà vietato.
Le effrazioni a tale ordinanza comportano la cessazione immediata dell’attività o l’obbligo della rimessa e ripristino dei luoghi. Gli autori delle violazioni non potranno richiedere la concessione di attendamento per un periodo di cinque anni a decorrere dalla data di accertamento delle violazioni stesse.
Inoltre, è quanto previsto da un altro regolamento del comune piemontese, l’area destinata agli spettacoli viaggianti è “concessa in via prioritaria al complesso che non utilizza animali nei propri spettacoli”.
La caratteristica della normativa, precisata la sua inattaccabilità giuridica, sta nella enunciazione di condizioni sì minimali, ma irrispettabili da circhi con animali. Insomma, un divieto de facto per il sozzume circense tradizionale.
È ora che sindaco e l’assessore alla tutela della salute animale prendano nota. I moderni comprachicos hanno fatto il loro tempo. E il Comune può dare il suo fattivo sostegno.