(Sanniopress) – “La strategia, la strategia, per fare decollare il turismo di Benevento e del Sannio ci vuole la giusta strategia”. Non so voi, ma io questa solfa della strategia culturale non la sopporto proprio più. Sarà che sono di Sant’Agata dei Goti, che da sola vale lo sbarco quotidiano di una nave da crociera nel golfo di Napoli ma non ha neanche un albergo; sarà che il chiostro di Santa Sofia ha oltre un millennio di anni sulle spalle ma sembra che lo si sia scoperto solo ora con il premio Unesco; sarà che le terme di Telese sono antiche e terapeutiche ma sono diventate note con la festa del partito di Mastella; sarà quel che sarà come cantava la famosissima Tiziana Rivale, ma a me la strategia culturale per fare del Sannio la meta dei turisti che non hanno nient’altro da vedere al mondo mi fa venire il latte alle ginocchia e, come per istinto, mi tornano alla mente le parole di Lucio Colletti quando gli facevano il nome di un politico buonista: “Mi tasto per vedere se ho una pistola”. Ve la do io questa cazzo di strategia.
Il vaso di Asteas, detto anche il vaso più bello del mondo o di Sant’Agata dei Goti, fu trafugato dalla vasta area archeologica dell’antica Saticula negli anni Settanta, valicò le Alpi per approdare temporaneamente a Basilea, per essere venduto da un antiquario al museo di Malibù. Quasi per caso – e non vi sto a dire qui in cosa consista il caso – fu recuperato dal governo italiano e nel 2007 in occasione dei cinquant’anni della comunità europea fu posto al centro della mostra al Quirinale. Asteas, infatti, raffigurò in questa meraviglia il ratto della fanciulla Europa da parte di Zeus che per l’occasione prese le sembianze di un toro. Se non avete mai visto il vaso procuratevi una foto perché così capite di cosa sto parlando. Fatto? Bene. Ora chiedetevi: dove posso vedere nella nostra bella provincia questa meraviglia? Risposta: da nessuna parte. Se lo volete vedere, sempre che ve lo facciano vedere, dovete andare a Paestum. A Sant’Agata dei Goti, il luogo naturale dove il vaso più bello del mondo dovrebbe stare, non c’è uno straccio di museo, nonostante ci sia la famosa raccolta Rainone-Mustilli che conserva quasi cinquecento pezzi che se non sono al livello del vaso di Asteas poco ci manca (ma di queste cose parlerò nell’ultimo mio libro dedicato a Sant’Agata dei Goti e di prossima uscita). Va da sé che avere un museo per esporre questa strepitosa raccolta e porvi al centro il ratto di Europa è come avere una mostra permanente di livello mondiale. Però a noi queste cose fanno schifo perché siamo alla ricerca della strategia culturale giusta.
E Ciro, signore, signori, dov’è Ciro? Ho letto l’intervista di Emi Martignetti con Luciano Campanelli e ho scoperto che Scipionix Samniticus non è più a Milano, dove l’avevo lasciato, ma è tornato a casa. Pietraroja? No, Salerno. Ma come, ci hanno fatto due coyotes così con la storia della rivalità con Salerno, con la storia delle luci e del Natale e con la storia che le palle appese non vanno bene e bisogna iniziare a investire in esclusivissima arte contemporanea, tutta ‘sta storia, e poi si viene a sapere che Ciro invece di stare qui, a Pietraroja, sta proprio lì, a Salerno. Non si può neanche dire che a Pietraroja non ci sia la struttura giusta per accogliere e custodire al meglio di cucciolo di dinosauro. C’è tutto. Ma Ciro è a Salerno. Anche qui, come nel precedente caso di Sant’Agata dei Goti, va da sé che la presenza centrale di Ciro nella visita paleontologica a Pietraroja è una carta dal valore mondiale. Però a noi queste cose ci fanno schifo perché siamo alla ricerca – ve l’ho già detto – di una giusta strategia culturale.
Sotto il sole della strategia culturale che non c’è non c’è niente di nuovo perché non c’è nulla da inventare. La strategia culturale – scusate il dotto parolone – è una stronzata. La strategia è già tutta nelle cose che ci sono e che non ci sono e che non si sanno usare né nei servizi né nell’amministrazione. Se c’è una battaglia che varrebbe la pena di ingaggiare con Salerno è proprio questa: riportare Ciro a Pietraroja e il vaso di Asteas a Sant’Agata dei Goti. Ma queste cose a noi ci fanno schifo perché sappiamo ciò che gli altri, poveri fessi, non immaginano nemmeno: la strategia. Per la precisione: la strategia vincente per perdere Ciro.
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