(Sanniopress) – Giancristiano Desiderio ha pizzicato una corda morta ma al tempo stesso fondamentale per l’armonia di ogni rappresentazione che viene fatta di Benevento e del Sannio: la modalità con cui la nostra realtà locale va raccontata. Tutti sono d’accordo, scrive Giancristiano, che Benevento vada raccontata diversamente da come ha fatto la giornalista di Repubblica Paola Zanuttini, che sull’inserto del venerdì del quotidiano di Scalfari ha offerto alla nazione intera un quadro infelice della nostra città. Ma su come vada declinata quella diversità cominciano le divergenze.
Ma è un altro editoriale di Giancristiano Desiderio che fa ragionare sul metodo migliore per raccontare Benevento: quello in cui ha bacchettato gli amministratori locali sanniti alla perenne ricerca di una strategia culturale, aspettando la quale il Sannio sta perdendo tutti i suoi tesori artistici e archeologici da mille e una notte. La nostra provincia, la nostra terra, va raccontata proprio con la finalità di far emergere queste lacune, queste brutture, queste storture amministrative, politiche e culturali. Vanno raccontate le aberranti scelte distruttive e da stillicidio di cui è responsabile una classe dirigente locale al 99% inadeguata e incapace, composta da singoli messi lì molto spesso dai baroni della politica locale, che sono sempre duri a morire. Bisogna espressamente dire alla gente perchè per certe cose non ci sono soldi e come mai per altre se ne sperperano sacchi interi, mettendo con le spalle al muro i responsabili delle scelte di governo del nostro territorio perchè, appunto, si assumano le loro responsabilità. Cosa che non fanno quasi mai.
In una provincia che non legge libri o ne legge pochissimi, il veicolo principale delle informazioni e al tempo stesso lo strumento principale di “controllo” dell’opinione pubblica è rappresentato dal giornalismo. Quotidiani, periodici, TV, radio, siti web. All’antica e in maniera acritica, ma il cittadino sannita si informa e certi fatti li vuole conoscere. Se così non fosse non ci sarebbero così tante testate giornalistiche per una popolazione di meno di 300mila abitanti. Il problema allora diventa la strategia comunicativa scelta dagli organi di informazione. Una strategia che fa sembrare tutti stupidi, chi scrive e chi legge, sebbene sia probabile che la stupidità sia in minoranza sia da un lato che dall’altro. E’ l’intelligenza inapplicata, la capacità lasciata a dormire, l’impegno dimenticato in un cassetto il simbolo della strategia della stupidità apparente che caratterizza l’informazione sannita, dal lato dei produttori del servizio e dal lato di chi ne fruisce.
Questa strategia consiste proprio nell’omettere il più delle volte di raccontare quelle brutture, quegli sperperi, quelle defiance, quelle azioni amministrativamente insostenibili, quelle scelte vergognose e distruttive, quegli errori senza scuse e senza che nessuno chieda scusa, tutte le mancate assunzioni di responsabilità, i giri di parole senza alcun senso se non quello di proteggere i privilegi assunti, i colpevoli silenzi su fatti che vengono fuori solamente a convenienza, le opere pubbliche rimaste incompiute e solo un attimo prima celebrate come trofei, le ingiustizie sociali, gli stanziamenti di fondi pubblici secondo logiche private. E per riempire il profondo abisso di informazione scavato da questa tattica omertosa, tonnellate di non-notizie, comunicati stampa, fatti diffusi per raccogliere consenso, autentiche prese per i fondelli degli ignari cittadini. I giornalisti si fingono stupidi per non dover indagare, tenere il fiato sul collo, mettere con le spalle al muro chi ha delle responsabilità pubbliche; i cittadini si fingono stupidi per non dover pretendere qualcosa, visto che nel DNA del beneventano non è contenuto il gene titanico della pretesa.
Per fortuna, come in tutte le cose umane, esiste una minoranza che non vuole fingersi stupida nè fingersi alcunchè, sia tra gli operatori dell’informazione che tra i cittadini. La possibilità di raccontare con impegno e coraggio la nostra terra non è quindi del tutto preclusa. “Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati”, disse però Berthold Brecht. E questo purtroppo è il rischio della minoranza dei non apparentemente stupidi, quelli che vogliono raccontare ed ascoltare le cose come stanno.