(Venerdì di Repubblica) – Tanto fuori dal mondo i beneventani non saranno se, nel viavai pomeridiano di corso Garibaldi, si può incrociare un Hare Krishna con la tunica arancio svolazzante nel vento appenninico: «Vuoi comprare un libro che – ti garantisco- dopo averlo letto non ti arrabbi pìù?». No grazie, il peare&love non è il mio karma. ..UFFA, ‘sto karma! Si può cambiare, il karma». Allenato allo scetticismo dei passanti, l’arancione. Che viene dalla Sicilia e ha vissuto a Roma: “A Roma siamo tanti! Ci hai mai visti cantare in strada coi tamburelli?”. Come no.Ma a Benevento, che ha un cinghiale sul gonfalone, come reagiscono? «Beneee, sono apertissimi alla spiritualità ».
Altra scena di strada, da rubricare alla voce ridondanza postmoderna della provincia. Teresa Ferragamo, giornalista del Sannio Quotidiano (tremila copie, ma si legge soprattutto a sbafo, nei bar), incrocia Enzo Colarusso, collega di Cd” Tv, e lo ringrazia: ..Ho visto su Facebook il tuo apprezzamento per il mio articolo sui politici voltagabbana». «Bel pezzo» ribadisce Colarusso. Quindi, a Benevento, se dici, scrivi o fai qualcosa, ti becchi i complimenti, o gli insulti, due volte: sui socialnetwork e in piazza, perché ci si incontra sempre. I politici locali, campioni nel salto della quaglia, avranno un bel da fare.
Enzo Colarusso è un pendolare del giornalismo: tutti i giorni un centinaio di chilometri, Napoli-Montesarchio e ritorno, perché Cds Tv, ha la redazione in questo paese del circondario beneventano.
La situazione non è delle migliori, il vecchio editore – nel ramo pompe funebri, fiori e piante – ha venduto a una nuova proprietà che, per ora, ha come core business l’affitto di spazi tv a fattucchiere, neomelodici e televendite.
Nella palazzina affacciata sui broccoli, la redazione è ridotta a due giornalisti e due tecnici, Ma il Tg. visto il parco ripetitori, batte tutti e lo seguono anche nelle province di Avellino e di Caserta. Oltre al Tg. Colarusso conduce il fiore all’occhiello di Cds: Aereopago, salotto di cultura e varia umanità. Gli chiedo come si sente, culturalmente parlando, Benevento: esclusa o inserita nei grandi circuiti grazie a internet e compagnia? La piccola città vivacizza gli scambi? Catalizza le idee? «Guarda, qui c’è già un problema di rapporto con la provincia, che con il capoluogo non si prende tanto. E io tutta questa velocità, disponibilità, non la vedo. Avere un politico in trasmissione non è cosa semplice , se non in campagna elettorale».
Benevento, una storia, e molto centrale, ce l’ha tutta. Dalle Forche Caudine (321 a.c.) ai secoli in cui fu capitale della Longobardia Minor. Cerniera fra due mari e due mondi, a cavallo dell’Appia e poi della via Traiana, inaugurata con un arco spettacolare che se ne sta un po’ isolato, ma conservato ottimamente. Poi, per otto secoli, la città è stata un enclave vaticana nel Regno di Napoli. Rinchiusa, con sporadiche aperture. Era beneventano, per esempio, uno dei primi e più alacri traduttori e divulgatori di Marx ed Engels tal Pasquale Martignetti . ~ Quando Garibaldi – reduce dlla Sicilia – passò per Napoli, i beneventani gli portarono le chiavi della città » ricorda l’eruditissimo professor Elio Galasso, fondatore e a lungo direttore del Museo del Sannio. «Garibaldi prese carta e compasso e disegnò intorno a Benevento una provincia. Ma nessuno ci voleva stare con i beneventani. Che, nell’Alto Medioevo, battevano una moneta pesante come il dollaro di oggi: il solidus aureus beneventanus.
La Pro Loro dovrebbe trovare il modo di elaborare un programma del professor Galasso che spiega i monumenti cittadini: da attivare con un pulsante ad uso dei visitatori. Quando entra nel chiostro del complesso di Santa Sofia – da giugno è riconosciuto Patrimonio dell’umanit à – il prof si scatena e, intorno agli splendidi capitelli, accende visioni, connessioni fra Oriente o Occidente, ipotesi fantastiche quanto documentate. Anche sulla leggenda delle streghe di Benevento. ..Qui c’era l’unico tempio di lslde costruito in Europa, voluto dall’imperatore Domiziano: la caccia alle streghe nasce con la demonizzazione dei riti pagani». Visitare le vestigia di tanta storia non è sempre agevole. Fanno scandalo le code inutili dei turisti davanti a Santa S0fia, perché non è ancora ben chiaro chi debba tenerla aperta. Ma il grosso del turismo passa in città per un altro motivo: a 15 chilometri c’è Pietrelcina, borgo natale di Padre Pio. Attrazione meno kalossal di San Giovanni Rotondo, ma per i reperti del Museo del Sannio, che oggi non ha neanche un direttore, non e’è partita.
Obbediente sotto il Fascio, ossequiente sotto lo Scudo crociato (De Mita e Mastella imperantin tutte le loro mutazioni e fortune politiche), alla fine del secolo scorso, Benevento ha avuto un sindaco democristiano, Antonio Pietrantonio, che cercò di rilanciarla culturalmente. Ne parlano bene tutti, anche l’ex parlamentare comunista e poi ulivista AntonioConte, che lamenta invece nell’attuale giunta di centrosinistra, guidata da un sindaco ex Udeur, «una mancanza di progetto, di dialettica, di coinvolgimento». Con decisionismo anche spericolato (qualche guaio con Tangentopoli), Pietrantonio aveva valorizzato il passato occupando un po’ di spazio nel presente. È stato lui a volere l’Università del Sannio. E ad aprire, nel chiostro di San Domenico, l’Hortus Conclusus di Mimmo Paladino, al momento, unico beneventano di fama internazionale. Un posto bellissimo e suggestivo, dove la star della Transavanguardla (presto emigrata a Milano) ha installato le sue opere. Quanta gente in Italia sa che esiste? A quegli anni spumeggianti risale anche la nascita del Festival teatrale Benevento città spettacolo, creatura di Ugo Gregoretti. Uno dei primi spettacoli fu Cammurriata di Patroni Griffi, con Leopoldo Mastelloni, che ci andava giù pesante» ricorda Michele Fetto, della compagnia teatrale Solot. «ln platea c’era il vescovo: il giorno dopo mandò un telegramma di indignata protesta a Gregoretti. Che lo lesse in conferenza stampa introducendolo così: “Siamo in presenza di un disguido postale ci arriva un telegramma dritto dritto dal Medioevo?».
Nel tempo, il festival ha perso mordente, però ha instillato in città il sacro fuoco del palco scenico. Sono molte le compagnie amatoriali, dialettali e non. A novembre si sono svolte le audizioni per un musical su Padre Pio: I colori della tentazione. Solot, invece, è una compagnia professionale. Fa spettacoli, ma organizza anche un festival internazionale di teatro universitario e tiene laboratori sconsigliati ad aspiranti veline e tronisti. «Per chi fa il nostro lavoro la provincia è un handicap e un vantaggio: perché sei lontano dai circuiti che contano, ma anche perché ne stai alla larga » continua Fetto «Io ho lavorato in giro, ma la mia identità la ritrovo qui». Il socio di Fetto, Antonio Intorcia , è un po’ più scettico: «Ogni tanto ho voglia di partire . L’isolamento di questa città è così radicato che lo trovi anche nei testi di Scarpetta, dove il cafone è sempre beneventano». Dolenti note, i rapporti con Napoli. «A giugno, quando siamo andati a Parigi per il riconoscimento Unesco di Santa Sofia, si discuteva soprattutto dei disastri di Pompei e dell’eventualità di estrometterla dal Patrimonio dell’umanità»ricorda il sindaco Fausto Pepe. «Noi, che abbiamo il 65 per cento di raccolta differenziata, subiamo la cattiva fama dell’emergenza rifiuti napoletana. E intanto i fondi della Regione si riversano tutti sulla costa».
Ma il sindaco lamenta anche la resistenza al cambiamento dei beneventani, diffidenti, a prescindere , verso il nuovo. Se parli di giacimenti culturali, le autorità la buttano sul patrimonio enogastronomico. Per carità, è fantastico, ma ho sentito disquisire con maggior passione sull’aglianico che sull’Arcos, la galleria d’arte contemporanea che non riesce a mettere in piedi una collezione. Forse non è un caso che gran parte dei ruoli dirigenti della cultura e dell’istruzione siano ricoperti da gente di fuori, spesso di Napoli. La Luidig è una libreria-appartamento con bar e caminetto inaugurata da poco: a Roma o Milano spopolerebbe. Beh, qui i politici si sono visti poco o niente. È compre nsibile, la lettura a Benevento non tira, la città è in fondo alle classifiche nazionali per consumo di libri. I giovani proprietari Elisabetta Landi e Yuri Di Gioia se le inventano tutte per allargare il loro ristretto club di aficionados, ma andare in pari a fine mese è già un successo.
«D’estate entrano più! i turisti che i locali» dice Elisabetta , «magari per chiede re una guida di Benevento. Il fatto è che non c’è una guida di Benevento».
A questo punto si potrebbe concludere che Benevento è un po’ fuori dal giro.
Ma poi Gabriele Corona di Altrabenevento, associazione contro il malaffare attrezzata di blog ben informato, ribalta lo scenario: «Macché appartata. La città è inseritissima ed è una centrale di riciclaggio. Cinque clan camorristici. Personaggi di rilievo delle inchieste P3 e P4 che gravitano qui. Logge deviate. Una aveva persino tentato un colpo di Stato in Angola. E le ha viste quelle tre finestre sempre chiuse nel palazzo davanti al suo albergo? Sono quelle dell’appartamento affittato dalla loggia del Grande Oriente Federico Torre: le hanno murate».
Vado in camera e mi affaccio. Nel palazzo di fronte c’è anche la redazione del Mattino: il corpulento corrispondente batte l’ultimo pezzo. A destra, le serrande massoniche sono abbassate. Sotto, c’è un po’ di movimento davanti al cinema Massimo. Altra occhiata alle finestre. Sprangate, Fa freddo, chiudo. Anzi, sigillo.
PAOLA ZANUTTlNI