di Simone Aversano
(Sanniopress) – Quello che verrà domani allo scoccare della mezzanotte sarà l’ultimo Capodanno beneventano. Ne sono certo, anche se non ho interrogato nessuna chiromante e non ho ascoltato le parole di nessun ciarlatano, razza di individuo peraltro molto diffusa in terra sannita. Il prossimo Capodanno, quello 2013 quindi, sarà ufficialmente il primo Capodanno beneventese. La cosa è logica e non ci sono possibilità di sbagliarsi: accadrà così perchè così deve accadere. E non c’entrano nulla le fantomatiche profezie dei Maya sulla fine del mondo, o altre credenze popolari. Sto parlando infatti del primo Capodanno beneventese, quindi implicitamente sto dicendo che ci sarà un Capodanno anche nel 2013 e che nulla finirà il 21 dicembre dell’anno prossimo. Solo che quel Capodanno non lo vivremo tutti quanti.
A parte gli scongiuri del caso, bisogna con serietà guardare a cosa ci sta accadendo: per l’Italia intera il 2012 sarà l’anno dei sacrifici immani, l’anno in cui se non si muore si resta senz’altro in coma (economicamente, si intende); ma per Benevento l’anno che sta per arrivare non potrà che essere peggiore di quello italiano, visto che la nostra notte oscura è cominciata ben prima dell’esplodere della crisi economica mondiale del 2008. Solo che prima, durante la nascente crisi, erano ancora in tanti i beneventani non costretti a fare sacrifici particolari, ancora liberi di spendere “alla beneventana” i propri redditi con vacanze sfrenate, auto di lusso da mostrare in pubblico per mantenere la reputazione, abiti firmati e divertimenti alla moda la sera e nei weekend. Già oggi, ma ancor di più col 2012 in arrivo, saranno in tanti a doversi togliere la maschera da beneventani pseudo-chic, stringere la cinghia, spendere di meno e abbassare il tenore di vita.
Ma se questo avverrà ai piani alti, dove attualmente se la passano bene anche grazie ad agganci e “conoscenze” nei posti giusti al momento giusto, ai piani medi e a quelli bassi la situazione è destinata ad un felice tracollo. Oso tirare in ballo la felicità perchè è proprio dal tracollo annunciato delle famiglie dal reddito medio e basso che nascerà la necessaria e improrogabile “rivoluzione culturale beneventese”, destinata a concludersi entro la fine del prossimo anno e, dunque, prima del primo Capodanno beneventese della storia di Benevento.
La gente già comincia a non mantenere più il controllo, e lo si percepisce per la strada, in auto, a passeggio, nei negozi, negli uffici pubblici. La rabbia si sta impadronendo persino dello statico e narcotizzato animo del beneventano medio, quello che si accontenta di tutto e del contrario di tutto pur di non essere costretto a gesti titanici. Laddove, per “titanico”, si intende anche soltanto mandare a quel paese il politicante che gli ha garantito il posto fisso con il quale campa da decenni. E il tracollo sta proprio lì, nell’inaspettato e imprevedibile (almeno fino a qualche tempo fa) cedimento della parete isolante in vetrocemento che ogni beneventano medio ha nel proprio animo a protezione dello status quo. Quando quella barriera verrà meno, il beneventano rimarrà a nervi scoperti e sarà capace di tutto. La crisi sempre più profonda, mista all’aumento irrazionale di tasse e tributi, ci metterà del suo e istigherà anche i beneventani più restii alla rivolta sociale, contro coloro che hanno costretto Benevento nell’arretratezza culturale, sociale ed economica da diversi decenni prima del fallimento della Lehman Brothers.
Sarà in quella fase che i beneventesi, rimasti intanto in trepidante attesa, diventeranno finalmente la maggioranza numerica della popolazione di Benevento, assorbendo tra le proprie fila (oggi esigue) quasi tutti i beneventani incazzati per la povertà, il sottosviluppo, la mancanza di opportunità e di lavoro. All’alba del 2013 vivremo il primo Capodanno beneventese, o almeno lo vivranno tutti quelli che saranno riusciti ad adattarsi, abbandonando l’abito insipido del beneventano.
So che per certi versi questa “profezia” dell’ultim’ora fa ridere. So anche che, parlando dei beneventesi, avevo chiarito che tali si nasce e non si diventa, così come avviene per i beneventani. Due razze distinte e non comunicanti, due compartimenti stagni. Ma la crisi può molte cose, specie smuovere le coscienze intorpidite. Soprattutto quelle di chi, ancora oggi, non si rende conto che la situazione di stallo della nostra città e della nostra provincia è dovuta in larga parte alla superficialità del beneventano medio, incapace di conoscere i propri difetti e a tal punto masochista da eleggere per decenni la medesima classe politica caratterizzata da quegli stessi, identici difetti. Rappresentanti e rappresentati uniti dalla medesima origine antropologica, che ha fatto della staticità e del piattume culturale la propria bandiera, altro che nascosta per la vergogna: orgogliosamente teorizzata.
Ma tutto ciò è destinato a finire, non ci sono alternative. O meglio, l’alternativa è che sia destinata a finire Benevento in quanto tale. Ormai, dopo che ci hanno tolto tante cose e che continuano a togliercele mentre i beneventani stanno zitti, non è difficile che un Mario Monti qualsiasi decida (questa volta sul serio) di relegarci a paesello in provincia di qualcosa. Da allora, il declino inarrestabile della Benevento di oggi si trasformerebbe in morte certa. Ma a quel punto sarebbe troppo tardi, persino per chi è nato beneventese, dare vita ad una rivolta culturale e salvare il possibile. A quel punto, sarebbero vere le profezie dei Maya. Ma io ai Maya non ho mai creduto.