(Sanniopress) – Ieri mattina, dopo aver letto i giornali, le dichiarazioni di Cristiano Doni – “Ho agito solo per amor di patria, a me interessava solo che l’Atalanta andasse in serie A” -, le nuove rivelazioni del difensore (nel senso calcistico) Carlo Gervasoni anche sulla massima divisione e le intercettazioni sugli “azzurri malati di scommesse”, ho mollato i quotidiani e con mio figlio (sette anni) sono andato al campo e alla scuola calcio “Cesare Ventura” a Benevento per un torneo di fine anno in cui genitori, allenatori e ragazzini si sono incontrati per una mattinata di sano sport. Mentre i ragazzini giocavano inseguendo il pallone che li rendeva più agili e leggeri ripensavo ai giocatori veri, quelli che si vedono in televisione, in campo e negli spot pubblicitari, e mi chiedevo: “Il campionato è vero o falso?”. Davanti ai miei occhi i ragazzini continuavano a giocare sotto la guida degli allenatori e ogni loro sforzo aveva il senso della sfida e dell’impegno in cerca della bella azione, del gol e dell’amicizia, ma nella mia testa ritornava la domanda sollecitata dalle dichiarazioni di Gervasoni al pubblico ministero Roberto Di Martino: “Il campionato è vero o falso?”.
Fino ad ora l’inchiesta sul calcio scommesse aveva solo sfiorato le partite del campionato di serie A. Ora, dopo che l’inchiesta ha prodotto oltre venti faldoni sulla serie B e le divisioni minori, ecco che irrompe sulla scena il campionato maggiore, quello a cui tutti pensano quando pensano al calcio. Le cose che ha detto Gervasoni sono da verificare, naturalmente, ma non sono inverosimili. In particolare, il difensore del Piacenza fino allo scorso agosto, prima della squalifica per ben cinque anni, ha tirato in ballo tre incontri di serie A del campionato 2010 – 2011: Palermo-Bari (2-1), Lazio-Genoa (4-2) e Lecce-Lazio (4-2). Gervasoni ha detto (testuale): “So per certo che in due dei match di serie A la combine è andata a buon fine”. E che la combine sia “andata a buon fine” significa che il senso dello sport è andato a farsi fottere. Al momento ancora non ci sono nuovi iscritti nel registro degli indagati “ma potrebbero esserlo in tempi brevi” ha volutamente precisato il pubblico ministero della procura di Cremona. Del resto, le cose dette da Gervasoni non sembra che siano le uniche cose utili ai fini dell’inchiesta sull’ennesimo scandalo calcistico. Ci sono altri allegati, altre rivelazioni, altre intercettazioni. Come quella in cui Nicola Santoni, ex portiere del Palermo e amico di Cristiano Doni, parlando il 30 settembre 2011 con un non meglio identificato Maurinho dice così: “Il calcio è tutto truccato, tutto marcio. C’è Buffon che gioca anche lui, 100-200 mila euro al mese. Lui, Gattuso, Cannavaro sono proprio malati”. E’ del tutto inutile rilevare che “lui, Gattuso, Cannavaro” sono i principali artefici della vittoria al Mondiale del 2006. Gli inquirenti, però, hanno precisato che non esistono riscontri a questa intercettazione. E mentre guardo mio figlio giocare con i suoi amici spero, perché non posso fare altrimenti, che il procuratore di Cremona non trovi alcun riscontro: anzi, che non ci siano riscontri.
Tuttavia, nel suo interrogatorio, Gervasoni ha detto tante altre cose e fatto i nomi di almeno venti giocatori che “giocano e scommettono” e la metà di questi giocatori-scommettitori sarebbero di serie A. Allora, ritorna ancora la domanda: “Il campionato è vero o falso?”. E la domanda non è mossa solo dai casi di Doni e Gervasoni. Il processo a Calciopoli e a Luciano Moggi è solo di ieri, non di decenni fa. E decenni fa ci sono stati altri scandali e altre scommesse. La domanda – il campionato è vero o falso? – è obbligatoria visto che il campionato italiano di serie A è da un po’ di tempo di difficile paternità. Sul campo vince una squadra, ma i giudici revocano lo scudetto e lo attribuiscono ad un’altra. Alcune squadre sono penalizzate (in passato ci sono state retrocessioni in serie B e in serie C) e fior di ex giocatori e di dirigenti sono condannati. La lealtà del senso del gioco non sembra proprio essere il vero e unico giudice delle partite di calcio. Ma se un campionato non risponde alla regola della lealtà e della verità del gioco, allora, che campionato è?
Carlo Gervasoni ha parlato di tre partite dello scorso campionato. E il campionato in corso? Chi può garantire la correttezza sportiva dei campionati di serie A e serie B che si stanno disputando? Nessuno, praticamente nessuno. Perché, purtroppo, i protagonisti dei campi di calcio – i giocatori – “sono malati di scommesse”. Per sapere la verità dei campionati che si stanno disputando si dovrà attendere il risultato dell’inchiesta. La partita vera non è quella che si svolge sotto i nostri occhi o sui nostri schermi televisivi, bensì quella che si svolgerà nelle aule dei tribunali. Ci deve essere qualcosa di vero nel cosiddetto calcio parlato, nel calcio commentato, nel calcio praticato dai giornalisti, dagli opinionisti, dagli ex calciatori diventati commentatori. Solo che anche nel calcio parlato non si parla mai in anticipo degli scandali (anti) sportivi che sempre più spesso arrivano a sfiorare la Nazionale (ma – e lo abbiamo già scritto nell’altro pezzo dedicato al pallone malato – la vittoria del 1982 in Spagna porta la firma di Paolo Rossi che dal calcio-scommesse era reduce).
Solo due ultime note. La giustificazione di Cristiano Doni – “l’ho fatto per amor di patria, a me interessava solo che l’Atalanta andasse in serie A” – – è fatta quasi passare per una buona motivazione. Che cosa significa? Significa che si è smarrito il senso dello sport e del gioco che per sua natura non può essere truccato, altrimenti non è più giocabile. D’altra parte, la grande organizzazione “asiatica” che “combinava” le partite corrompendo i giocatori ci mostra un campionato parallelo preparato nei minimi particolari e per un giro d’affari capace di risollevare le sorti del debito pubblico degli Stati europei. E’ come se davanti ai nostri occhi apparisse il vero campionato delle partite false. E’ così, a meno che non vi troviate, come me, a vedere una partita di calcio di bambini. L’unico campionato che è come appare.
(tratto dall’edizione odierna di Liberal)