(Sanniopress) – E’ difficile non concordare con la lucida analisi di Giancristiano Desiderio che, infilato il dito nella piaga, lo gira e lo rigira alla maniera di un trapano. E’ difficile non essere d’accordo con la sua lettura, apparentemente algida e distaccata, in realtà appassionatamente disperata.
Il suo pezzo sulla “Benevento che non fa mai tendenza” mi rimanda, stranamente, ai post che m’è capitato di leggere in rete a proposito della morte di Giorgio Bocca. Non avrei mai immaginato di ritrovare giudizi così stizziti, tranchants e ultimativi su un personaggio certo non facile. Senza dubbio un giornalista ruvido e non simpatico, ma un giornalista che non le ha mandate a dire. Come dovrebbe essere un giornalista non minzolinizzato, giusto per stare alle cronache di queste ore. Le cose, tra le tante dette da Bocca, che hanno particolarmente indispettito molti amici di FB, riguardano i famosi giudizi sul Sud. La biografia intellettuale del giornalista scomparso, la sua appartenenza a “Giustizia e libertà”, mi farebbe pensare (in questi casi, mi sembra obbligatorio l’uso del condizionale) che, a spingerlo a dire le cattivissime cose sul mezzogiorno italiano, sia stata la consapevolezza disperante, dopo mille promesse o altrettante ipotesi di rinascita, di una “impossibile necessità” di una vera e propria rivoluzione culturale e morale, prima ancora che politica.
E’ la stessa motivazione che, credo, spinga Desiderio a scrivere in tale direzione. “Per sforzi che si facciano non sembra saltare fuori una “tendenza Benevento” che non sia la normalità di una tranquilla vita di provincia. Ci dobbiamo accontentare o rassegnare o acconciarci a questa “tranquilla vita di provincia”?”, sostiene Desiderio. Io, personalmente, non mi rassegnerei. Ma la città dovrebbe cominciare a risolvere, una buona volta, il suo rapporto con quella realtà diversificata che, volente o nolente, è (è stata?) la sua provincia.
La tendenza “isolazionistica” della città riguarda già i suoi rapporti con il Sannio che fu definito “beneventano”. Figurarsi con le altre città campane. Di cui si avvertono – probabilmente – alcune positività che, però, non vorrebbero essere colte perché ci pongono di fronte alle nostre precise responsabilità. Sicché ci si chiude nel nostro “meraviglioso” immaginario collettivo, del ricordo di quando Benevento era capitale. Forse sarebbe il caso di svegliarsi dal torpore dogmatico e – stabilendo un sistema di relazioni che valorizzi le nostre potenzialità – mettersi a lavorare alacremente a un progetto che possa presentare al mondo la le ricche positività di “una tranquilla città di provincia”.
Ma non la vedo semplice, come strada. Giusto per stare nel nostro campo, in un recente passato, a una Città spettacolo ghibellina furono contrapposte notti di luna piena guelfe, con le conseguenze che tutti sappiamo. E venti giorni fa, chi scrive, insieme a Marcello, ha ricevuto, nella Salerno di De Luca, il premio del “Centro internazionale di documentazione etnostorica” dell’Università di Palermo (Desiderio ha dedicato alla cosa un articolo su Sanniopress: ancora grazie). Moltissimi amici hanno inviato congratulazioni. Silenzio assordante delle istituzioni, assessorati alla cultura, Ept e altro. La tendenza isolazionistica è pericolosa perché si finisce per isolarsi anche da se stessi e dalle esperienze della propria comunità. Caro Giancristiano, non la vedo semplice per niente.
(tratto da Facebook)