(Sanniopress) – La città lenta è purtroppo anche la città sporca. Non c’è bisogno di andare a Napoli o a Caserta o a Maddaloni per ritrovarsi davanti, in pieno centro, cumuli di spazzatura. Basta anche la nostra civilissima Benevento che si presenta sporchissima e lercia a due passi – due passi, contati, non è un modo di dire – da Santa Unesco Sofia. Benevento è diventata brutta, sporca e cattiva proprio nel Natale che doveva essere bello, pulito e buono. Ma non vi voglio proporre prima del cenone di Natale un indigesto polpettone moralistico. Voglio sollevare – anche se l’ho fatto già non poche volte – una questione concreta: le licenze che sono state date nel centro storico per i locali notturni e della movida sono letteralmente fuori controllo. Quelle licenze sono diventate di fatto licenze per fare tutto. Ora anche licenze di sporcare. Guardate le foto e ve ne rendete conto di persona.
Ci diranno che la raccolta differenziata funziona e che la percentuale è molto alta. Va bene. Ma la vera differenza la fanno questi cumuli di spazzatura, queste montagnelle urbane di bicchieri, bottiglie, piatti, pattume che ti ritrovi tra i piedi, all’angolo di casa, davanti e dietro la Prefettura – dico, la Prefettura e uso di proposito la maiuscola anche se non sono un trombone – davanti il portone di Messaggio d’Oggi (che è anche abitazione privata). Fai ancora due passi e c’è vomito, piscio, bicchieri ovunque, cannucce, sigarette a migliaia. Fai fatica a camminare senza inciampare nella merda. Ma quando sono state rilasciate le licenze sono stati anche rilasciati permessi speciali per sporcare ovunque? Se il Comune concede spazi pubblici (ad un costo minimo) non deve anche rigorosamente pretendere che il suolo pubblico sia pulito? E non stiamo parlando (solo) della spazzatura raccolta nelle buste e lasciata in un angolo, ma dei resti non raccolti, quelli abbandonati a se stessi e quelli non si sa da chi spazzato e riunito perché evidentemente si è reso conto che tutta la piazza e tutta la via Umberto I erano diventate delle pattumiere a cielo aperto. In pratica una discarica.
Infatti, ormai la zona – ma non è l’unica del centro storico – è percepita come un luogo di scarico legittimo o comunque praticabile. Così all’angolo ti ritrovi un vecchio armadio con sopra sacchetti di plastica di spazzatura. E a due passi c’è un ristorante, un barbiere, attività professionali, persino una televisione alla quale consiglio di girare qualche filmatino che magari fa notizia. Il paradosso è abbastanza evidente: il salotto è diventato il cesso. Ormai non c’è più bisogno, per chi è abituato a farlo, di andare in periferia o sotto un ponte per liberarsi impunemente di roba che in casa dà fastidio. Ora lo si può fare direttamente in centro storico.
Se non sbaglio è Danila De Lucia, che giustamente pone una differenza tra il centro storico diurno e il centro storico notturno, dicendo che c’è una Benevento di cui ci si prende cura e ci si vanta e c’è una Benevento che è ignorata e abbandonata. Lo fa per far risaltare la doppia morale o la doppia politica. Una doppiezza che alla fine ci condanna tutti a vivere in una città che va inerosabilmente verso il peggio. Perché Benevento ha un’attrazione irresistibile per l’omologazione. Invece di distinguersi si lascia assimilare e così non ha niente di suo e di vero da offrire. Ma allora Benevento che cos’è? E’ una città mimetica, che si adegua, imita, ma imitando commette due errori marchiani: ariva sempre tardi sulla scena e perde se stessa.
La storia del salotto diventato cesso è esemplare. Una perfetta imitazione della peggiore storia campana degli ultimi anni. A Natale, soprattutto. Buon cesso a tutti.