(Sanniopress) – Raffaele Del Vecchio non è un fesso (è un po’ snob, ma non è fesso). Oggi è 19 dicembre e a Benevento di fatto ancora non c’è il presepe. Lo abbiamo invitato a fare autocritica e ha scelto di farlo attraverso l’intervista a Il Mattino. Il riassunto è questo: ha ammesso di aver sbagliato con i commercianti, ha preso atto che ha valutato malissimo i tempi, e ha riconosciuto la legittimità (e direi anche la validità, che dici?) delle critiche espresse sulla “piazza virtuale”, mentre ha difeso la strategia della grande opera d’arte che secondo lui, costruendo un brand beneventano – ve l’ho detto che è un po’ snob -, è in linea con il riconoscimento Unesco e permette a Benevento di sfidare le altre città campane e ritagliarsi così una fetta del turismo regionale anche nel periodo natalizio. Detto in termini calcistici: Libera critica – Del Vecchio: 3 a 1.
La botta per il vicesindaco è stata bella tosta, non c’è dubbio. Leggendo l’intervista lo si capisce. Ciò che più viene bastonato è il suo snobismo che cerca di tenere a freno ma ogni tanto esce fuori: come quando, ad esempio, tira fuori la storia delle luci appese. Però, lo stile è questo e non ci possiamo fare nulla. Invece, vale la pena prendere di petto l’argomento di Del Vecchio ossia quella che lui definisce “strategia”. In verità, lo abbiamo già fatto nei precedenti articoli, però a volte la ripetizione aiuta.
Dunque, la posizione del vicesindaco è apparentemente sofisticata, in realtà è semplice perché si muove su un pensiero elementare, binario: se c’è l’Unesco c’è bisogno di opere di qualità e di grandi firme per attrarre turisti. Il presepe firmato Dalisi è la prima pietra di questa strategia che dovrebbe continuare non so bene come per realizzare il suo obiettivo: avere cose di grande immagine e curiosità internazionale per attirare l’attenzione della comunicazione e avere turisti.
La strategia è molto debole. Si possono far risaltare almeno tre cose che non vanno. Prima di tutto per un motivo evidente: ma se l’Unesco è stata attratta da Benevento per quale motivi i turisti che dovrebbero venire a Benevento dovrebbero essere attratti da cose non beneventane? Se Benevento attira l’Unesco perché poi non può attirare i turisti? La strategia del vicesindaco è quindi molto, molto debole, quasi al limite dell’improvvisazione.
Secondo: la competizione. Da quel che dice il vice, sembra di capire che Benevento debba sfidare Salerno, Napoli e altre realtà turistiche della Campania? Ma davvero pensiamo che Benevento sia in competizione con Salerno o con Napoli? Lascerei da parte Napoli, che è un caso a parte, ma perché dovremmo immaginare il lavoro turistico beneventano come una sfida con la terra cilentana? Sfugge il senso di questa competizione che sembra ricavata solo dalle grandi luminarie del Natale di Salerno volute da Enzo De Luca.
Terzo: la strategia è particolarmente astratta, ma così astratta che è al limite dell’imposizione. Insomma, una cosa calata dall’alto completamente avulsa rispetto alla città che è pur sempre il luogo, urbanistico e sociale, culturale e commerciale, in cui la strategia dovrebbe incarnarsi.
A queste tre cose che non vanno si possono opporre tre contraltari. Primo: Benevento deve attrarre turisti in quanto Benevento perché l’arte contemporanea si può vedere anche altrove ma Benevento si può vedere solo a Benevento. Una buona strategia da questo punto di vista mette a tema le grandi risorse culturali e monumentali della città. C’è solo l’imbarazzo.
Secondo: la sfida di Benevento non è con Salerno – o Caserta – ma con Benevento. Questa città, infatti, ha un limite vistoso: non comunica cioè non parla con se stessa. Se vuole crescere, però, non c’è altra strada: parlare con sé, far risaltare gli interessi, le risorse, i soggetti. In questa sfida l’amministrazione ha una sfida nella sfida: riuscire a parlare con la città. Il turismo non è immagine ma sostanza: è prima di tutto cultura dell’accoglienza. Santa Sofia è chiusa. E non solo Santa Sofia.
Terzo: una vera strategia che operi nel turismo e nella cultura non è fatta solo da un assessore ma è frutto di tutta l’amministrazione che ha il dovere di dialogare con la città e i suoi soggetti sociali più rappresentativi. Il verbo dialogare – e specifico il significato perché la parola genera equivoci – non ha nulla di buonista o di sentimentale o di politicamente corretto: significa confrontarsi, ascoltare e interpretare gli interessi della città. Quindi, prefigura la decisione. Ma in questo caso sarebbe una decisione concreta, sentita, partecipata, lavorata. Dunque, non astratta.
A me pare che queste riflessioni pubbliche siano condivise dai più. Il consiglio che voglio dare a Del Vecchio è quello di ripensare alla sua “strategia” che fa acqua da tutte le parti. Per lavorare all’assessorato per le “politiche culturali” – mi permetto di dire – c’è bisogno prima di tutto di avere una vasta cultura della nostra cittadina. Mi permetto ancora di dire che tra i sindaci di questa città c’è stato Alfredo Zazo che ha costruito la cosa più artistica, più contemporanea, più internazionale, più bella, più importante, più Unesco che ci sia: il museo del Sannio (oltre alla sua grande opera storiografica). Il vicesindaco ha letto Zazo? Lì c’è da trarre ispirazione per le cose da fare, altroché. Caro Raffaele Del Vecchio, dovresti prendere esempio da Zazo. Interroga lui piuttosto che gli esperti di brand. Interrogalo perché Zazo, a differenza di quanto si creda, non è morto. La sua fu vera strategia perché era sorretta da grande cultura. Alfredo Zazo è il grande storico e il grande uomo politico che maggiormente ha saputo “mettere a tema “ Benevento. Non andò alla ricerca di “grandi firme” perché sapeva che il grande tesoro da scoprire era tutto in Benevento e utilizzò la storia di Benevento per entrare nel mondo. Fu il contrario del provincialismo ed è proprio grazie alla sua opera che Benevento ha avuto il riconoscimento Unesco. Io davanti alla memoria di Zazo mi inchino, io.
Un’ultima cosetta: ma quando sarà passato il Natale, che fine farà il presepe di Dalisi? In un primo tempo si è detto: sarà custodito dalla ditta Lombardi. Ma ora questa scelta è già in forse, tanto che Fausto Pepe ha posto la questione direttamente ai beneventani. Insomma, il presepe di Dalisi è un problema sia per montarlo, sia per smontarlo, sia per conservarlo. A me pare che tutta questa storia sia un clamoroso fiasco frutto di improvvisazione. La vera lezione da ricavarne è che la cultura e il turismo sono cose serie che per dare buoni frutti hanno bisogno di lavoro serio.
Con i miei migliori auguri di Natale.
http://giancristianodesiderio.wordpress.com
L’amministrazione comunale, con questa strategia natalizia, ci ha insegnato che per addobbare la città non basta illuminare a festa i tanti monumenti che abbiamo, ma c’è bisogno di costruire un nuovo “monumento” artistico ed illuminare quello. Trovatemi qualcosa di più assurdo…