di Giancristiano Desiderio
(Sanniopress) – Io che mi chiamo Cristiano Desiderio non posso che scrivere al Nazzareno (Orlando) e dirgli: “No, non sei tu il signor Sisifo ma un’opposizione intera che rotolando su e giù in eterno di fatto viene meno al suo ruolo consentendo così al sindaco Pepe di dire tutte le banalità che vuole senza arrossire”. Invece, l’opposizione deve proprio fare arrossire il sindaco e i suoi alleati, come chi in pubblico si scopre improvvisamente nudo e si copre le vergogne. Come si fa? Rielaborando un’idea di Benevento che altro non è che il riassunto delle amministrazioni da Pietrantonio a D’Alessandro passando per lo snodo centrale di Pasquale Viespoli. Con la forza di questa storia si parla non al sindaco ma ai beneventani/beneventesi mostrando loro il lavoro svolto in passato e i passi del gambero fatti con i due mandati di Fausto Pepe e del centrosinistra raccogliticcio (ma evidentemente meglio raccogliticcio del centrodestra che si è suicidato). Compito difficile? Può darsi. Ma non ce n’è un altro. La difficoltà, inoltre, consiste in una differenza: l’impossibilità di avvalersi della leva della spesa pubblica.
E’ vero, tu sei l’ultimo dei Mohicani. Il tuo stato d’animo è comprensibile. Ma il peggio che si possa fare è voltarsi indietro e abbandonarsi alla nostalgia o ai rimpianti. Su questa strada non mi voglio proprio inoltrare. Magari alla fine del pezzo vi farò un salto. Ora la questione da mettere a fuoco è un’altra. Due, come sappiamo, sono i settori su cui Benevento può crescere: cultura e impresa. Con una differenza, ripeto, importante e decisiva rispetto al passato: non ci sono soldi per far dir messa. Questa premessa è fondamentale per tutti: per i politici, per gli amministratori, per gli imprenditori, per i lavoratori, per chi cerca lavoro e per chi è in grado di offrirlo. Le cose nuove che possono nascere a Benevento non possono venire al mondo se le cerchiamo nel vecchio regime dei finanziamenti a casaccio o dell’assistenzialismo. Se diamo uno sguardo al di là delle mura longobarde ci imbattiamo nel “modello Pomigliano” che è l’unico caso – insieme all’Interporto di Nola di Gianni Punzo – concreto di rilancio dell’occupazione. Lì ci sono regole nuove, contestate e poi accettate, che si basano su produttività, incentivi, straordinari, turnazione. Nel mondo delle imprese beneventane, che di certo non è un mondo ricchissimo né grandissimo, c’è spazio per provare ad avventurarsi alla ricerca di un nuovo mondo? Io credo che problemi di questo tipo siano fondamentali per chi aspiri a dire qualcosa in politica e voglia in futuro rappresentare e amministrare la città. L’opposizione – qualunque cosa sia e chiunque la rappresenti – si deve muovere lungo questo percorso o non ha alcuna possibilità di ricomporsi e di affermarsi. O si pensa di continuare a fare l’opposizione del ping pong (è una sottospecie del signor Sisifo, ma rientra nella stessa categoria dell’inutilità).
Tu mi potrai dire: “Scusa, ma io che mi sono sempre occupato di cultura che cosa devo fare con le imprese e roba simile?”. Scusa te lo dico: puoi fare un gran lavoro. Benevento ha bisogno non solo di nuovi rappresentanti ma prima ha bisogno di una nuova rappresentazione di sé. Pensare di far politica muovendosi nell’ambito del perimetro dei partiti equivale a quel tale che finito nelle sabbie mobili ne voleva uscire tirandosi i capelli o quell’altro che essendo eunuco chiedeva alla moglie perché la cicogna non arrivava mai. Che diavolo è la rappresentazione della città? Detto altrimenti: come ce la vogliamo raccontare Benevento? Abbiamo tutti bisogno di una nuova narrazione che parta dalla verità. La politica è insufficiente. Questo è il punto capitale: la città è grande, la politica è piccola. Per raccontare bene ai beneventani/beneventesi la loro città la politica non basta più. La politica è autoreferenziale: riproduce solo se stessa, mentre qui c’è bisogno di rimettere in moto una città intera. Io credo che l’ultimo dei Mohicani abbia molto da dire in questo campo di battaglia. Anzi, mi sembra proprio un ruolo adatto a te che sul tema hai scritto qualcosa, sia pure sul piano biografico e un po’ intimista. Hai buona volontà e non ti manca la rappresentazione. Vuoi un titolo? Eccolo: Benevento come volontà e rappresentazione. Questa oggi deve essere la tua preoccupazione, proprio per rendere omaggio al lavoro che hai fatto in passato e che – fatto abbastanza insolito – ti è riconosciuto più a sinistra che a destra.
E visto che ho citato la sinistra e la destra posso anche fare quel riferimento che ho promesso qualche riga più sopra. Lo sai il sindaco come chiamerebbe la cosa: il quadro politico. Ecco, se c’è una cosa da cui bisogna rifuggire e non averne nostalgia è questa: il quadro politico che detto terra terra significa vediamo cosa succede e poi ci accasiamo. Ma qui c’è da fare la casa e quando si fa una casa ci vogliono solide fondamenta o tutto vien giù. Il quadro politico si fa a partire dai problemi. L’unica cosa di cui non c’è mai penuria.