(Sanniopress) – Il titolo di questo articolo è chiaramente ricalcato sul titolo della fortunata serie cinematografica L’aereo più pazzo del mondo. Ho solo introdotto l’innovazione della stupidità. Da qualche parte ho letto che la giunta di Palazzo Mosti starebbe bene nel cartoon I Simpson e un’altra voce riferiva che la squadra di Fausto Pepe non sfigurerebbe a Zelig. Può darsi, anche se il successo dei Simpson e di Zelig non è frutto di improvvisazione, mentre la tragicommedia in cui è finita una città intera grazie alla malagrazia dell’inesistente governo locale è la conseguenza del dilettantismo innalzato a visione del mondo. Se, allora, da questa stupida storia vogliamo tirar fuori – tutti – qualcosa di buono dobbiamo mettere da parte irrisione e delusione per prendere in esame fatti e idee.
Il sindaco ieri ha rilasciato un’intervista alla web tv Ntr24. Il succo delle sue parole è questo: siccome Benevento è città Unesco abbiamo creduto giusto rivolgerci all’architetto Dalisi per fare una scelta artistica e intraprendere per la città un percorso diverso all’insegna della qualità, dell’arte, della cultura. Nelle parole di Pepe emerge con chiarezza l’equivoco culturale che ha innescato il disastro nel quale ora ci troviamo: per essere all’altezza del riconoscimento Unesco dobbiamo fare di Benevento una città d’arte e di cultura. Si dovrebbe informare meglio: Benevento è già città d’arte, è già città di cultura, è già città di storia. Se così non fosse non si capirebbe il riconoscimento Unesco. L’idea che si debba andare altrove per portare arte e cultura a Benevento è campata in aria e ciò che è campato in aria prima o poi vien giù, proprio come le bestiole senz’anima rovinate al suolo su corso Garibaldi. Naturalmente, questo non significa che il patrimonio d’arte e cultura e storia di Benevento non possa e non debba essere arricchito, no. Significa molto più ragionevolmente che è dovere del Comune, ma non solo del Comune, mettere prima di tutto a tema le risorse beneventane, la storia della città, la sua bellezza, le sue pietre longobarde, romane ed egizie. Benevento può importare cultura, non c’è dubbio, ma prima di tutto deve esportarla perché può farlo.
Ma perché si è caduti in questo equivoco che alla prima occasione utile dopo il riconoscimento Unesco, ossia il Natale, è venuto fuori con il patatrac che conosciamo? Perché tutta la questione Unesco è stata considerata in funzione dell’immagine dunque della pubblicità, della retorica, della comunicazione. Mentre il bollino blu Unesco non richiede immagine, ma sostanza. I nostri draghi di Palazzo Mosti, a partire da Raffaele Del Vecchio (anche se la responsabilità non è solo sua), hanno ridotto il marchio Unesco a pura immagine, invece l’Unesco esige altro: ossia servizi, offerte, accoglienza, ristoro. Tutto un sistema-Benevento che va pensato, organizzato, concordato, sudato. Tutte cose che non si ottengono con le scorciatoie deliberando l’acquisto di un presepe firmato ma con la continuità della buona amministrazione delle cose e con il buon governo delle azioni. Due aspetti fondamentali senza i quali non si va da nessuna parte e infatti la giunta Pepe non va da nessuna parte.
Tuttavia, mi direte: ma tu ora stai a fare il maestro d’orchestra perché abbiamo avuto la sfortuna d’avere il Natale più stupido del mondo, ma se tutto fosse andato per il verso giusto tu non avresti potuto dire nulla. Invece no, proprio no. Le cose che dico sarebbero ugualmente necessarie anche se tutto fosse andato liscio: Benevento ricaverà qualcosa di buono dall’Unesco solo se sarà all’altezza di se stessa e della storia che si porta nella pancia, viceversa se punta sull’immagine e sulle scelte effimere ne ricaverà solo illusioni e forme raffinate di autoinganno. Del resto, se proviamo a ragionare in questo modo saremo in grado di considerare il flop di questa stupidità natalizia un errore da cui emendarci; se invece lo si considera solo uno scherzo del destino cinico e baro – come fa il sindaco – o il capriccio di un assessore – come fanno altri assessori – allora Benevento sarà destinata a ripetere i medesimi errori. Come infatti accade da molto tempo: praticamente siamo fermi alla fine dell’amministrazione D’Alessandro, o per essere più precisi alla pedonalizzazione di corso Garibaldi. Per fare un passo avanti siamo chiamati a fare uno sforzo di comprensione e questo può avvenire solo nel confronto pubblico, come cerchiamo di fare su queste colonne elettroniche.
Il film beneventano “Il Natale più stupido del mondo” somiglia a quei cinepanettoni alla De Sica che sono stupidi, insulsi e volgari ma a volte offrono agli italiani la possibilità di andare al cinema e vedersi allo specchio, e inorridire. “Il Natale più stupido del mondo” è il cinepanettone beneventano, metteteci voi il regista, l’attore protagonista e le “spalle”. Andate a vederlo, guardatevi, e inorridite. Guardiamolo e inorridiamo.
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