(Sanniopress) – Il vicesindaco Raffaele Del Vecchio ha raggiunto il suo obiettivo: prendere il posto di Gesù Bambino. Peccato, però, che ci sia un piccolissimo particolare: i beneventani (e anche i beneventesi) sono molto affezionati a Gesù Bambino, talmente affezionati che addirittura lo amano e lo attendono ogni anno come capita ormai da duemiladieci anni. E quest’anno? Quest’anno Ninno non può scendere “dalle stelle” perché qui l’amministrazione Pepe non è stata in grado di allestirgli neanche una “grotta al freddo e al gelo”. Una cosa talmente inaudita che non solo nessuno è mai riuscito a fare quanto ha combinato l’assessore alla Cultura, ma nessuno ha mai pensato di praticare a Benevento questa sorta di riforma religiosa con un Natale senza natalità. Oggi, 15 dicembre, non c’è ancora “il presepe più bello del mondo”. Un pasticcio così grande che a Palazzo Mosti e alla Camera di commercio – le istituzioni coinvolte nella riforma religiosa di Del Vecchio – va in scena il Grande Imbarazzo e anche alla curia arcivescovile sono un pochino perplessi. Allora diciamolo chiaro e tondo: finora abbiamo affrontato il caso con un tono scherzoso, ma ormai è chiaro a tutti che nella città campana dell’Unesco la frittata fatta è troppo grossa ed è necessario che qualcuno ne risponda.
Era fin troppo prevedibile: alcune sagome del bestiario appese e ondeggianti sul corso Garibaldi sono cadute. Riunione dei vigili, urbani e del fuoco, e tentativo di far rimuovere le altre bestiole perché pericolose. Oggi si saprà come andrà a finire. Intanto, qui il Natale è già finito prima di iniziare. L’amministrazione comunale si è resa conto o no che è arrivato il momento che qualcuno dica qualcosa di ufficiale? Se non vuole parlare Raffaele Del Vecchio è bene che parli il sindaco, ma qualcuno parli alla città e spieghi perché si è giunti a questa situazione grottesca. Ci sono soldi pubblici in ballo e tuttavia questo è il problema minore. Il danno maggiore è quello – come si usa dire oggi – d’immagine. Voglio ricordare a tutti voi che quando l’Unesco ha premiato Benevento, a Salerno si sono risentiti e hanno fatto rilevare che la loro città ha un passato longobardo non inferiore a quello sannita. Oggi sappiamo che quelle rimostranze non erano affatto campate in aria: lì c’è un sindaco che sa cosa fare e lo fa così bene che il Natale di Salerno è oggi in Italia probabilmente il più bello. Certo, non avranno “il presepe più bello del mondo” ma del percorso di luci di Salerno ne parlano tutti e chi le ha viste ne è rimasto semplicemente folgorato.
Cosa avrebbe dovuto pensare e fare l’assessorato alla Cultura del comune di Benevento? Non mi voglio sostituire a nessuno, non è il mio compito. Però, se andate sul sito del Comune e date uno sguardo anche sommario alle deleghe del vicesindaco vi renderete conto che davvero è una sorta di padreterno. Dopo un’estate passata ad allisciare la coda di pavone del riconoscimento Unesco, il vicesindaco avrebbe dovuto concentrare i suoi sforzi per far tesoro del premio internazionale. La cosa più semplice era quella di mettere insieme le molte cose belle che ci sono a Benevento e allestire qualche addobbo. Niente di particolarmente trascendente e tutto alla nostra – sua – portata. Invece, ecco la pensata: l’arte contemporanea. Guardate, cari lettori, che questo è un problema serio attraverso il quale si manifesta il provincialismo culturale di chi amministra e forse anche della borghesia cittadina che crede di sapere come si sta al mondo mentre il mondo ignora l’esistenza dei gran borghesi beneventani. L’idea che si possa essere importanti e conosciuti ricorrendo all’opera d’arte contemporanea piuttosto che alla riscoperta di ciò che la stessa Unesco ha riconosciuto è provincialismo puro. Un grande giornalista e scrittore come Leo Longanesi diceva una cosa del genere: “Non comprate quadri di arte contemporanea: fateveli in casa”. E lo diceva quando lo diceva. Ma se non vi soddisfa Longanesi, allora, vi riporto quanto ha detto giorni fa dalle colonne del “The Guardian” nientemeno che Charles Saatchi, cioè il più influente e spregiudicato collezionista d’arte contemporanea che ha inventato gente come Hirst, Koons e i fratelli Chapman: “L’arte contemporanea è mostruosa e volgare”. Il dovere di un assessore alla Cultura di Benevento è quello di promuovere la cultura di Benevento e, francamente, non è un compito difficile perché questa è una città straricca di storia che è presente nella storia di Roma, nella storia della letteratura italiana, nella storia sacra e profana, nella storia ghibellina e guelfa. Ma se non ci liberiamo del mito tristissimo che l’arte contemporanea fa tendenza, è di moda, fa immagine non ci libereremo del provincialismo che è alla base di questo bluff della inesistente politica culturale della giunta Pepe.
Avrei altre cose da dirvi, ma ho scritto già molto e, del resto, come diceva Corrado, “non finisce mica qui”. Però, solo un’altra piccola cosa va detta. Raffaele Del Vecchio si è mosso senza dubbio con le migliori intenzioni perché, come tutti noi, vuole il meglio per la sua città. Le persone, per me, sono al di fuori delle polemiche e sono tutti in buonafede. Tuttavia, il problema è nelle idee e nella politica amministrativa e questo problema Raffaele Del Vecchio se lo deve porre: le scelte che ha fatto si sono rivelate sbagliate e a danno di tutti: della festa, del commercio, della città, dell’umore dei beneventani/beneventesi. Lo invito a trarne serenamente le conseguenze perché – e lo dico per sdrammatizzare – la città Unesco merita di più e il suo Natale non può essere trasformato nel Natale in casa Del Vecchio.