(Sanniopress) – Benevento è l’unica città d’Italia che non ha ancora il presepe né un simbolo che annunci il Natale. Non c’è la grotta di Betlemme, ma tutto è grottesco. Il presepe artistico di Riccardo Dalisi è stato definito bellissimo e mondiale, ma con un costo di oltre 120 mila euro poteva mai essere brutto? Tuttavia, è davvero una cifra grottesca, non per i tanti soldi ma perché “presepe costoso” è una contraddizione in termini: il Dio-Bambino è nudo e adagiato su a una mangiatoia e riscaldato dal fiato del bue e dell’asinello. I soldi non ci sono nella grotta e i pastori e le pastorelle portano doni al Piccolo Dio che ha bisogno degli uomini per vivere. La ricchezza arriverà dopo, ma non sarà danarosa. A proposito, avvertite i re magi che, causa ritardi di delibera di giunta, l’Epifania a Benevento è stata spostata al 15 di gennaio. La città lenta è così lenta che per stare nei tempi deve cambiare il calendario. Anche quello religioso che per sua natura divina non muta mai.
Benevento, anzi, la giunta Pepe è riuscita finanche a cambiare il senso delle parole della più famosa tra le commedie di Eduardo De Filippo: “Natale in casa Cupiello”. “Lucarie’, t’ piace ‘o presepe?” E qui Lucariello risponde “no, non m’ piace”, ma a Benevento non può dirlo, sia perché il presepe è il più bello del mondo, sia perché non si vede: “’O presepe? Quale presepe?”.
Gli artigiani di San Gregorio Armeno – quelli che fanno dei bellissimi presepi apprezzanti da tutta la cristianità ad un prezzo un po’ inferiore a quello di Dalisi – hanno un tradizione: inseriscono tra i pastori e le pastorelle alcuni personaggi noti del momento: a volte Berlusconi, a volte Belen, naturalmente Maradona. Anche gli amministratori beneventani vorrebbero un posto nel presepe, ma quale? Non mi stupirei se nel presepe più bello del mondo a Piazza Castello non ci fosse adagiato nella mangiatoia Gesù Bambino ma Raffaele Del Vecchio.
Va bene, mettiamo da parte le battute. Le quali, però, non sono solo battute ma ironia che ha in sé una verità. Questa: la giunta Pepe, peccando di ingiustificato protagonismo, è riuscita a dividere Benevento sul Natale che per sua essenza è una festa che unisce e affratella. Gli assessori sono tutti in buonafede e i loro propositi sono positivi: fare qualcosa di bello e unico per Benevento. Sennonché, rapiti dalle loro sbagliate ambizioni hanno finito per dimenticare che il Natale è la festa di tutti e non solo la loro, il Natale è tradizione, armonia, riconciliazione, umiltà. Tutte cose che la politica, soprattutto quella che è chiamata ad amministrare una piccola città – ‘o paesone, così è chiamata Benevento nei comuni della provincia – deve riscoprire: Benevento ha bisogno di un’azione che si prenda cura delle piccole cose fatte con amore. Anche qui, lasciamo perdere l’amore, ma la cura delle piccole cose no. A Natale una città illuminata e calda, armoniosa e operosa, pervasa dal sentimento dell’attesa è una città governata senza avere la pretesa di sostituirsi all’Evento. Qui, invece, c’è una città spenta e fredda, in contrasto con se stessa e inattiva, pervasa dal sentimento edoardiano di “Napoli milionaria”: “Ha da passa’ ‘a nuttata” o “Addà passa’ a nuttata” dice Gennaro Jovine.
Non si può dividere una città con il Natale. Se è accaduto è perché abbiamo, come diceva Einaudi, dei padreterni che hanno scelto il tempo peggiore e la festa meno indicata per dimostrare la loro vanagloria. Ma se i padreterni hanno diviso la città, tocca a noi unirla: scendiamo in strada, scambiamoci gli auguri, festeggiamo perché quest’anno è più Natale degli altri anni. Auguri a tutti voi.