(Sanniopress) – La cerveza prima di cena è ancora fredda nel bicchiere quando si accendono i riflettori allo stadio El Madrigal, ma la sorpresa degli spettatori iberici è che in questa sera di dicembre sembra di stare al San Paolo di Napoli.
El submarino amarillo non ha più nulla da chiedere al girone infernale, mentre per la squadra azzurra stasera si fa la storia. Da una parte la città valenciana di Villarreal, poco più di cinquantamila abitanti, ma con una squadra arrivata cinque anni fa alle semifinali di Champions. Dall’altra Napoli, con una tifoseria che travalica i confini dell’ex capitale del regno spagnolo delle Due Sicilie, abbracciando il Sud, il Belpaese e le terre del mondo dove è approdata l’allegria e la fantasia degli italiani. Qui dimora una squadra che invece cinque anni fa emergeva dal baratro della serie C. Eccole di fronte, gli occhi rassegnati ma orgogliosi degli undici del Villarreal CF e gli occhi delle tigri del Napoli SSC.
Il fischio d’inizio è come lo schiocco della frusta del domatore. Gli azzurri si lanciano alla conquista della palla per imporre il gioco. Dopo cinque minuti un folletto argentino detto el Pocho serve una palla fatata a meno di due metri dalla linea di porta, ma cade sul piede infelice di un altro sudamericano, Zuniga. Se il piede del colombiano avesse ruotato di 20° verso destra la partita sarebbe finita con una noiosa goleada. Invece mister Garrido fa l’unica cosa che poteva fare per arginare le Erinni azzurre: alza la squadra e comincia un estenuante pressing sui portatori di palla, raddoppiando continuamente le marcature. Il risultato è una gabbia gialla intorno a undici leoni, puntellata con fallacci fin troppo tollerati dal timido signor Moen di Norvegia.
Sulla panchina azzurra si scatena la furia cieca del demiurgo, come lo definisce il presidente De Laurentiis. Walter Mazzarri è l’incarnazione della grinta, un Ettore Fieramosca redivivo alla testa di un manipolo di guerrieri che ancora una volta, cinquecento anni dopo, offre agli spagnoli una lezione di orgoglio italiano. Ma anche stavolta gli spagnoli sono spettatori di una battaglia che si gioca contro altri aspiranti conquistatori, non francesi ma inglesi.
Nell’altra partita del girone di ferro si consuma il secondo capitolo di questa giornata storica. Nella città di Manchester un City ambizioso e un Bayern qualificato mettono in scena un asse anglo-germanico, memore delle comuni origini sassoni. Si affaccia l’ombra del sospetto che i due blasonati club siano uniti dalla spocchia autoreferenziale di chi è abituato ad ammettere alla tavola del Mito solo i suoi presunti pari. Non a caso la rocciosa macchina teutonica si sgretola sotto i colpi dei sopravvalutati inglesi, già passati per le forche caudine del San Paolo.
La notizia del vantaggio dei Blues arriva sui tabelloni del Madrigal mentre un primo tempo nervoso sta per chiudersi. Si va negli spogliatoi con gli occhi delle tigri azzurre sempre più iniettati di sangue.
A pochi minuti dall’inizio della ripresa il colpo di scena che cambia la partita: Mazzarri avvinghia Nilmar che cincischiava sul fallo laterale. Espulso. E qui viene fuori tutta la personalità del “mago”, che lasciando il campo trasferisce ai suoi ragazzi una scarica di adrenalina. Un piccolo Walter fa capolino sulla spalla di ognuno dei nostri, mentre le gambe degli spagnoli cominciano a cedere sotto il peso dei raddoppi. Gli azzurri riconquistano completa padronanza del campo, rimettendo al suo posto il Villarreal. Al ventesimo la ninfa Partenope soffia all’orecchio di Hamsik ricordandogli che è un fuoriclasse. Ed ecco che un refolo leggero dal piede di Marek spinge una deliziosa palla al cospetto di uno smarcato e affamato Inler. Lo svizzero carica il destro come la molla di un flipper e scarica da trenta metri un missile terra-aria che lascia fermo a guardare il portiere valenciano. Goal! Squillano le trombe della riscossa e gli echi si espandono fino alla perfida Albione, vanificando gli sforzi della messa in scena anglo-sassone.
Il match finisce sostanzialmente qui. Il tempo che resta è dominato da un Napoli di un’altra categoria, che si limita a fare scarico in mezzo al campo. Il super Pocho Lavezzi, dopo aver fatto impazzire tutti i reparti avversari, è una cinghia di trasmissione da standing ovation. Porta a spasso mezzo Villarreal, giocando a torero con i suoi compagni. Cavani non coglie la gloria del goal, ma da solo sposta su di sé almeno tre irriguardosi spagnoli, incuranti della fama del Matador. Alla mezz’ora del secondo tempo, in una carambola sotto porta, c’è il meritato raddoppio con il tap-in di Marekiaro sul velenosissimo corner di un inesauribile Lavezzi. Gli ospiti gialli, puniti anche in casa per l’affronto di febbraio, perdono le staffe di fronte al proprio pubblico e negli ultimi minuti cedono ad uno sciocco nervosismo, condito anche da un pugno in faccia ad Aronica, il nostro operaio in Paradiso. C’è tempo anche per ricordare a tutti che abbiamo un portiere da Champions. L’ottimo De Sanctis apre la sua manona e vola a parare il tiro disperato di Angel. Niente da fare, non si passa.
Stasera la storia l’hanno scritta tutti, ma in particolare Walter Mazzarri, che ha saputo costruire una squadra-squadra, capace di resistere alla tensione e fare gruppo. Tutti aiutano tutti, nel campo e fuori e questo è commovente. È un messaggio positivo, un insegnamento anche per chi continua a predicare e farfugliare di innesti e a dispensare consigli inutili. Il presidente-produttore a fine partita ricorda a giornalisti e tifosi frettolosi che costruire una squadra è il vero valore e l’idea miracolistica di trovare campioni liberi da comprare può solo rompere il giocattolo.
Questa sera nell’Empireo del Calcio risuonano i versi e le note della canzone italiana più conosciuta al mondo: ‘o surdato nnammurato. Finalmente siamo tornati dove meritiamo di stare. Napoli rules.