(Sanniopress) – Cari Nicola e Amerigo, anche se gioco in inferiorità numerica, ho dalla mia la forza di una persuasione morale che è anche vostra: la libertà di pensiero. Tuttavia, mentre io affermo la libertà di espressione e pensiero sia nella vita politica sia nell’educazione, voi ritenete che sul lato della libertà scolastica si possa soprassedere. Se, infatti, si limita o si vieta la libera espressione voi giustamente insorgete, se si limita la libertà scolastica voi chiudete un occhio. E no, non va: meglio tenerli aperti entrambi. Il punto, per l’appunto, non è passare da questo a quel sistema scolastico – l’ho detto e ripeto, alla fine qui rimane tutto tale e quale perché la tradizione della scuola di Stato è ormai parte del paesaggio – bensì quello di pensare la scuola in base al giusto rapporto che ci deve essere tra lo Stato, che è potere e sicurezza, e la coscienza morale, che è libera o non è. Bisogna essere consapevoli che l’espressione “scuola di Stato” equivale a quell’altra che è “religione di Stato”: se vi allarmate per questa, e la rifiutate, vi dovete allarmare anche per l’altra, anche se non la rifiutate. Nel rapporto tra lo Stato e la scuola – ma si può dire tra potere e sapere e conoscenza e informazione – passa nei nostri tempi quello che un volta si chiamava il conflitto tra potere temporale e potere spirituale. Insomma, è l’eterno conflitto tra Stato e Chiesa ma adeguato ai tempi. Dunque, scuola di Stato significa che un pezzo della Chiesa – non di questa o quella confessione, ma un pezzo dell’anima – è appaltato allo Stato. E’ stato gioco-forza fare questa scelta con l’Italia unita – anche se il monopolio vero e proprio inizia solo con fascismo e repubblica – perché allora il professore era il prete e il prete predicava bene – la libertà – e razzolava male, negava cioè la libertà. Ma oggi tutto questo non ha più senso (razzolamento a parte, che non è solo dei preti).
Ma – si dice – la scuola libera crea disuguaglianze. Benedetti ragazzi, è vero il contrario. E non in astratto, in concreto. Il tempo in cui il diploma era un ascensore sociale è finito da un pezzo. Più il diploma è caricato di un valore che non ha e più la realtà lo svaluta. Oggi il diploma è ancora un ascensore, ma scende e basta. E verso il basso non vi porta i figli delle famiglie agiate che comunque sanno come cavarsela avendo mezzi più sostanziosi, ma i figli delle famiglie medie che non hanno altra scelta che quella che passa lo Stato: o mangiano questa minestra o saltano dalla finestra. Proprio così. Scuola unica di Stato significa che c’è un unico modello d’istruzione e questo modello è in mano a chi domina. Non importa chi sia a dominare – i neri, i rossi, il clero, la monarchia, la maggioranza – ma solo che il modello è in mano a chi domina che così domina sulle menti e alla fine chi domina sulle menti domina anche sui corpi. Il problema dell’eguaglianza non significa essere tutti uguali come bocce di biliardo ma significa dare buone possibilità a tutti. La scuola non è fatta per tirare su soldatini, ma eccezioni e mondi diversi. Ma è proprio quanto la scuola unica di Stato non riesce palesemente a fare perché è impossibile che lo possa fare. Il motivo è semplice: ieri pochi andavano a scuola e così l’offerta formativa poteva essere limitata, oggi invece tutti vanno a scuola e l’offerta deve essere plurale per poter essere sia tecnicamente buona sia socialmente giusta.
Il paradosso che abbiamo davanti è che più esiste solo e soltanto il modello dell’ordinamento statale e più lo Stato viene meno a quelli che sono i suoi doveri di garantire il diritto allo studio. Su questo terreno lo Stato è talmente inefficiente che ha necessità di ricorrere alle peggiori scuole private – i cosiddetti diplomifici – per distribuire quei pezzi di carta senza i quali il suo sistema si inceppa. I diplomifici sono un’esigenza dello Stato che si riversa sulle stesse scuole ministeriali che si fanno concorrenza tra loro peggiorandosi reciprocamente. Un’aberrazione. Il problema allora va capovolto: è con l’esistenza della pluralità e della libertà didattica delle scuole che lo Stato può contare su una sua rete nazionale di scuole autorevoli. Il pluralismo scolastico – ammesso e non concesso che il problema sia quello della religione – garantisce tutti: cattolici, atei, credenti, non credenti, italiani, stranieri. Il monismo scolastico – in uno Stato peraltro concordatario – ci dà il monoteismo statale che è peggiore di quello religioso ed è fatto da conformisti che replicano se stessi. Un disastro. Ma vi sembra una cosa normale che le scuole della Montessori siano conosciute e apprezzate in tutti i paesi del mondo tranne che nel paese della Montessori?
Il modello della scuola libera – ecco il punto centrale – sarebbe una triplice vittoria: per la scuola, per la cultura, per lo Stato. La scuola tornerebbe alla scuola, la cultura avrebbe la possibilità di essere inventiva e non pigramente burocratica, lo Stato si concentrerebbe sui diritti. Ci sarebbero tante altre cose da dire, a cominciare dalla valutazione dei professori che è cosa quasi impossibile in un sistema di monopolio proprio perché il merito è statizzato, ma mi fermo qui. Non prima però di avervi ringraziato per la vostra disponibilità a discutere su queste pagine virtuali di un problema reale che riguarda la libertà delle coscienze. Non solo degli alunni, ma anche dei professori, dei genitori e dei lettori. Un’ottima discussione che ci mostra la vitalità intellettuale e morale di una città troppo spesso abbandonata alla cialtroneria (anti) politica.
http://giancristianodesiderio.wordpress.com