(Sanniopress) – Domenico Ventucci è vivo e fuori pericolo, ma chi lo ha accoltellato voleva ucciderlo. Per il modo in cui lo ha colpito e per il coltellaccio da cucina che ha usato, la mano di Antonio Salvo Rossi voleva uccidere o avrebbe potuto uccidere. Gli inquirenti accerteranno meglio i fatti e la loro dinamica. Ma un fatto è chiaro: un’aggressione così violenta e premeditata – è difficile credere che sia normale andare a spasso con un coltello da macellaio – non ha precedenti. Nella nostra provincia ci sono stati omicidi politici. Io, ad esempio – ne accennavo proprio qualche giorno fa -, ricordo bene quando nel 1985 fu assassinato il vicesindaco della mia Sant’Agata dei Goti: vi erano in ballo i soldi della 219, l’assassinio di Angelo Biscardi fece paura a tutti, soprattutto agli amministratori, fu sciolto il consiglio comunale. Ma un conto è l’omicidio di un politico e di un amministratore legato al crimine e alla malavita (l’omicidio, non il politico) e altra cosa è il coltellaccio infilato nella pancia del povero sindaco di Ponte. Il comandante dei carabinieri, Antonio Carideo, fin da subito ha voluto chiarire i termini della violenta aggressione assassina ma fortunatamente non fatale: “Un gesto molto grave, ma che va ascritto allo stato di sconforto e di rabbia di un singolo, mosso da risentimento nei confronti del sindaco del Comune per cui lavorava”. Insomma, un episodio, non un’azione ripetibile. Il gesto di un folle o lo scatto dettato dalla follia del momento e non l’azione intimidatoria di un’organizzazione criminale.
Eppure, non tutto si lascia ricondurre allo sconforto e al risentimento del dipendente comunale. I politici e i rappresentanti delle istituzioni non hanno fatto mancare la loro vicinanza sia umana sia istituzionale e politica al sindaco di Ponte. Hanno fatto bene, ci mancherebbe. Nella loro solidarietà, però, c’è qualcosa di più. Traspare un sentimento di preoccupazione che, in verità, il presidente Aniello Cimitile ha manifestato a chiare lettere (e credo abbia fatto bene): “Quanto successo è molto grave perché è il segnale che la drammatica crisi economica e sociale che travaglia il nostro territorio può esplodere da un momento all’altro. Amministrare la cosa pubblica in un momento del genere – ha sottolineato Cimitile – è davvero difficile: purtroppo, agli attacchi degli ultimi mesi perpetrati, in tutta evidenza, dalla criminalità organizzata, si aggiunge ora il gesto isolato e inconsulto di una persona in condizioni di bisogno, che anche una persona del valore e della sensibilità del Ventucci non riesce a risolvere”. Amministrare la “cosa pubblica” è difficile ma, a maggior ragione – mi sento di aggiungere alle parole di Cimitile -, è necessario amministrare con serietà. Uno stile sobrio, asciutto, concreto rende più affidabile l’interlocutore istituzionale in un momento in cui il bisogno aumenta e le risorse diminuiscono.
Il gesto insano del dipendente comunale a tempo determinato di Ponte, originario di Casoria e residente a Benevento, è e resterà senz’altro isolato, unico. Tuttavia, per le scale dei municipi quotidianamente salgono e scendono disoccupati, precari, stagionali che sperano di poter strappare un incarico, un impiego temporaneo, un lavoretto per portare a casa qualche soldo. C’è una situazione di disagio e di malessere sociale che i sindaci conoscono bene. L’aggressione di ieri mattina all’Asl di Benevento è isolata e trova la sua spiegazione nel singolo aggressore, ma la situazione sociale ed economica sannita è sconfortante. La disoccupazione è alta e aumenta anche a Benevento il fenomeno della rinuncia a cercare lavoro. Nessuno ha la ricetta giusta in tasca, ma la serietà in tempi difficili come questi è la bussola indispensabile per ogni amministratore. La chiarezza dei patti, il riferimento alla realtà, il rispetto della legge, il rigore dei conti: la serietà è molto meglio di una falsa speranza. Il sindaco di Ponte è noto per essere un amministratore serio, eppure si è imbattuto nell’imprevedibile irrazionalità di uno sciagurato (padre di cinque figli). Il pericolo estremo che ha corso sia da monito a tutti: la migliore risposta al malessere sociale è la serietà politica e amministrativa. Così ognuno potrà assumersi la responsabilità dell’azione e nessuno potrà farsi scudo con cattivi alibi sociali.
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