(Sanniopress) – Fu Indro Montanelli a inventare il neologismo Irpiniagate con l’inchiesta sul terremoto dell’Irpinia. Per Sant’Agata dei Goti si potrebbe coniare la parola Santagatagate. Per due motivi: tutti (o quasi) i mali iniziano con il (post) terremoto del 23 novembre 1980 e con gli anni Ottanta si dà avvio alla stagione degli sprechi con le opere incompiute. Sulla mia pagina facebook ho pubblicato il video di Striscia la notizia dedicato proprio agli sprechi santagatesi: il macello, la scuola media, l’asilo, l’ex campo sportivo, il nuovo inesistente campo sportivo, i buoni terremoto mai dati ai proprietari di abitazioni realmente cadenti. Ho dubitato prima di pubblicarlo perché, mi son detto, tutto sommato è pubblicità negativa per un paese che è riconosciuto da tutti come bello e godibile. Tuttavia, l’ho ripreso perché i pro erano superiori ai contro. Soprattutto, gli errori passati potrebbero essere utili ad evitare errori futuri e contemporanei. Dunque, vale la pena parlare del Santagatagate.
Chi ha visto il video potrà pensare che ci troviamo davanti a delle novità. Invece, sono cose datate e note. La responsabilità degli sprechi non è dell’amministrazione in carica: il sindaco Valentino all’epoca degli scandali aveva, forse, vent’anni. Eppure, mi chiedo: se oggi il comune di Sant’Agata dei Goti avesse a sua disposizione soldi e fondi, li saprebbe spendere realizzando opere pubbliche utili, dando un contributo alla crescita civile generale della cittadina, o vi sarebbero nuovi sprechi, favoritismi e un abbassamento della coscienza civile? Difficilmente la storia insegna qualcosa, ma il problema pur bisogna porselo, altrimenti si tende comodamente a credere che tutto il male appartenga al passato o al futuro e mai al presente.
Su quegli sprechi fu girato, anni addietro, un video ben documentato dal giornalista e sociologo santagatese Roberto Iannucci. Sia il video di Iannucci, per chi lo ricorda, sia il video del Gabibbo, per chi l’ha visto, fanno effetto. Sant’Agata dei Goti, infatti, è un caso particolare perché i tanti e costosi sprechi si realizzano tutti in poco tempo e in poco spazio. L’origine dello scandalo è senz’altro il terremoto: è con la ricostruzione materiale di Sant’Agata – che di fatto non ebbe danni rilevanti dalla scossa del novembre 1980, né da quella del febbraio 1981 – che ebbe inizio la distruzione morale. Una classe politica e dirigente non fu all’altezza del suo compito amministrativo. E’ bene ricordare, per capire i termini del problema, che ci fu anche un omicidio: nel 1985 fu ucciso mentre ritornava a casa il vicesindaco Angelo Biscardi. L’ufficio tecnico comunale, che custodiva le pratiche del terremoto, fu per ben due volte incendiato. Nella storia repubblicana di Sant’Agata dei Goti proprio gli anni della ricostruzione post-sisma, legati ai fondi della legge 219, sono i più tristi e cupi. E’ in questi anni che prende piede e consolida il malcostume – non solo santagatese, naturalmente – di finalizzare l’opera pubblica alla spesa. Più si spende, meglio è. Lo scopo non è l’opera, ma la spesa. A questa logica perversa, che determinerà una sorta di “nuovo feudalesimo” per il Mezzogiorno campano, si ispira anche l’utilizzo di fondi per una industrializzazione che ormai quando si avvia è già fuori dalla storia e dal mercato. Si spiega così perché in una zona rurale nasca una fabbrica di tonno.
Lo scandalo santagatese è alle nostre spalle? Il paese è uscito da quella situazione per l’esaurimento dei soldi, non per una virtù ritrovata. Il costo civile pagato a quegli sprechi è molto più alto dei costi finanziari. Ancora oggi Sant’Agata dei Goti è un paese incerto. Finita da tempo la risorsa dell’agricoltura, mai sfruttata l’industria nel settore primario, riempito all’inverosimile l’organico comunale, resta la retorica del turismo culturale e una politica senza prospettiva e classe dirigente, anche perché, in fondo, non ha fatto mai i conti con il Santagatagate.
– guarda il servizio di Striscia la notizia
http://giancristianodesiderio.wordpress.com