(Sanniopress) – Tre notizie degli ultimi giorni, da leggersi in modo necessariamente unitario, meritano una breve riflessione.
Seguendo l’ordine temporale, quattro giorni fa la polizia di Caserta ha scoperto un vero e proprio arsenale a casa di un piccolo pregiudicato di San Cipriano d’Aversa, che le fonti investigative considerano vicino al latitante, da oltre 15 anni, Michele Zagaria.
Armi da guerra, in grado di essere utilizzate immediatamente e con una potenza di fuoco impressionante: capaci cioè di penetrare anche le lamiere super rinforzate delle auto blindate.
Quelle armi erano state nascoste in un’intercapedine di un muro solo pochi giorni prima, come rendeva evidente l’intonaco ancora fresco.
Due giorni fa l’esecuzione di un’ordinanza cautelare emessa dal Gip di Napoli su richiesta della locale DDA che ha colpito esponenti di primo piano del clan dei Casalesi (fra cui un figlio di Schiavone Francesco detto Sandokan), del clan Mallardo della zona nord di Napoli, e della mafia siciliana fra cui un familiare del noto capo della cupola Totò Riina.
Il provvedimento restrittivo, come riportato dalla stampa quasi soltanto napoletana, ricostruisce il meccanismo di controllo – grazie ad una vera e propria joint venture tra mafia e camorra – del sistema dei trasporti su gomma dei prodotti ortofrutticoli che, dalla Sicilia e da altre zone del Sud, vengono portati al più grosso mercato dell’Italia centro meridionale di Fondi, mercato, fra l’altro, su cui da anni sono forti gli allarmi degli inquirenti di infiltrazioni della criminalità mafiosa, ndranghetista e camorrista.
Ieri, infine, l’episodio più grave ed eclatante, l’esecuzione di un’altra ordinanza cautelare sempre del Gip napoletano, su richiesta della DDA, che ha portato in carcere alcuni imprenditori e soprattutto un consigliere regionale in carica (e clamorosa ironia della sorte, membro della commissione regionale anticamorra!), già sindaco fino al 2009 di uno dei comuni dell’agro aversano su cui è forte la penetrazione camorristica e cioè Villa Literno. Al politico, già esponente di peso del PD casertano, primo eletto nel suo collegio con tantissime preferenze, autosospesosi dal partito alcuni mesi fa quando emersero notizie di un suo coinvolgimento in indagini della DDA, sono contestati i delitti di concorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio aggravato dalle finalità mafiose e corruzione.
In uno dei capi di imputazione si può leggere (senza nulla aggiungere a commento!), che “il politico avrebbe assicurato al clan l’assegnazione di appalti e commesse ad imprese di gradimento del clan in cambio del predetto sostegno elettorale, di una parte della quota in denaro che la medesima impresa di volta in volta avrebbe assicurato al clan, nonchè di una relativa “pace” sul territorio relativamente alle richieste estorsive che comunemente il clan effettuava”.
Nel provvedimento cautelare – che è bene ricordare non rappresenta una sentenza di condanna, per cui il consigliere regionale potrà dimostrare la sua estraneità totale ai fatti – ci sono anche altri episodi, allo stato non oggetto di contestazione penale, ma a dir poco inquietanti. Riguardano il sindaco ancora in carica in uno dei comuni, pure simbolo del potere dei Casalesi, ed i suoi rapporti, sempre riferiti ad appalti e commesse, con esponenti di primo piano del potente sodalizio.
I tre fatti dimostrano in modo inconfutabile come la camorra resti forte sul piano militare (ha la disponibilità di armi micidiali), come continui a gestire attività economiche lucrose e fondamentali per la vita dei cittadini (riesce a monopolizzare il sistema di trasporto di prodotti alimentari) e come condizioni la vita delle amministrazioni locali, giungendo ad influenzarne l’attività, attraverso anche l’elezione di esponenti di vari colori politici, purchè disponibili ai loro desiderata.
Ed allora, si potrebbe dire, quale è la novità?
Nessuna, si dovrebbe, purtroppo, rispondere, aggiungendovi, però, una considerazione amara, mutuata da una durissima ed efficace intervista, apparsa su Il Mattino di qualche giorno, del procuratore aggiunto di Napoli Dda, Federico Cafiero de Raho; la lotta alla camorra è scomparsa dai temi di interesse nazionale, dandosi, da parte di qualcuno, per scontato troppo frettolosamente che i risultati investigativi ed i tanti arresti ne avessero minato la forza.
L’argomento è del tutto obnubilato e soppiantato dall’attenzione ormai a senso unico per la crisi economica, per lo spread e per il prezzo dei BTP decennali.
E si tratta di un errore strategico, perchè mai come in questi periodi di crisi e di trapasso politico le mafie sono capaci di incunearsi, di far sentire la propria voce e di cercare di “trattare” un proprio ruolo nel sistema che si andrà a creare. E non si tratat di preoccupazioni senza fondamento, visto quanto accaduto nel delicatissimo periodo 92-93!
Del resto sono loro, le mafie, ad avere enormi disponibilità economiche, utilissime per spregiudicate imprese in crisi, ad avere il controllo anche militare del territorio e la capacità di dirigere a destra o manca pacchetti di voti, forse fondamentali per spostare futuri equilibri e maggioranze. E si tratta di un errore clamoroso anche perchè le mafie – ed il sistema di illegalità che attorno ad esse fisiologicamente impera – rappresentano un ostacolo insormontabile per investimenti stranieri ed uno sviluppo economico vero e duraturo; finchè ci saranno loro su molti territori non solo meridionali, resterà l’arretratezza che favorisce quella parte dell’imprenditoria collusa e parassitaria e della politica disponibile ad accordi e scambi.
(tratto da Il Mattino)