(Sanniopress) – Il 14 novembre del 1888 il brigante Cosimo Giordano moriva nel carcere di Favignana, in Sicilia. Giordano, che era nato a Cerreto Sannita il 15 ottobre di 49 anni prima da Generoso e Concetta Isaia, è senza dubbio una delle figure più importanti del fenomeno del brigantaggio che si registra nei decenni successivi all’Unificazione d’Italia e che vivrà la sua fase più calda in terra titernina proprio nel novembre di centocinquanta anni addietro.
Erano trascorsi appena due mesi dai tragici episodi di Casalduni e Pontelandolfo, dove operava in quel periodo la banda di Giordano, quando il 27 novembre il sottoprefetto Ruffo inviò ai sindaci del comprensorio una circolare con l’invito a reprimere il brigantaggio. “La distruzione del brigantaggio – riportava la circolare – deve essere in cima ad ogni altro pensiero. Esso, rendendo il traffico malsicuro, inceppa il commercio, anima e vita di ogni civile società […] Ciascuno di noi è interessato a veder sterminata questa peste sociale”.
Durante la sua latitanza sulle alture matesine Giordano ritornò in varie occasioni a Cerreto Sannita: una prima volta nel 1862, una seconda nel 1865 ed ancora nel 1880. Ogni suo ritorno è segnato da episodi storici eclatanti. Sempre nel 1880 si trasferisce in Francia, a Lione, per sfuggire all’azione repressiva che nel frattempo si era fatta ancora più intensa. In Francia visse i suoi ultimi tempi di libertà: aveva riferito il suo vero nome alla donna che amava, che informò le autorità italiane. Un commissario, fingendosi grossista di frutta ed interessato a stringere con lui rapporti economici, lo convinse a seguirlo in Italia.
Appena oltrepassate le Alpi venne arrestato il 25 agosto 1882 a Genova. Seguì il lungo processo che terminò due anni dopo, con la condanna ai lavori forzati a vita, alla perdita dei diritti civili e politici e alla interdizione patrimoniale.
(tratto da Il Mattino)