(Sanniopress) – Una perturbazione non ci mette molto ad attraversare intere regioni, toccando una per una tutte le zone che, da Nord a Sud, compongono lo Stivale. Una perturbazione non è come un decreto legge, un bando di concorso, una delibera comunale, una conferenza stampa. Per fortuna (sì, è davvero una fortuna), il maltempo così come il beltempo non si possono tenere sotto controllo e dominare come si fa con le cose umane, soprattutto con quelle che riguardano la politica e le amministrazioni dove la regola è proprio quella della discrezionalità spinta, fino all’arbitrio che rosica e fagocita i diritti delle persone.
Ci sono voluti pochi giri di lancette, su per giù due giorni, che sono passati molto più velocemente di quanto ci si potesse aspettare. Ancora stavamo e stiamo guardando le immagini della Liguria devastata dall’acqua e dal fango, con le automobili ammassate come modellini sul pavimento della camertta di un bambino che si diverte a giocarci inconsciamente, e con le notizie di morti e feriti anche tra i bambini (bambini morti, niente di peggiore), quando quelle stesse nuvole e quella stessa acqua terrificante ed indomabile hanno cominciato a sorvolare il nostro cielo, qui al Sud, in Campania, nel Sannio. Le stesse nuvole, lo stesso cielo grigio e di tempesta, con l’acqua che, in questa strana domenica di inizio novembre, veniva giù copiosa come se lassù avessero aperto i rubinetti e dimenticato di chiuderli.
Viene facile allora invocare il fantasma della distruzione che si trascina insieme col maltempo, qualunque esso sia e dovunque si trovi. Se queste nuvole hanno meso in ginocchio la “Superba”, magari faranno lo stesso con noi, con Benevento e le nostre colline. La paura irrazionale spesso si dimostra più consequenziale e logica della razionalità, ma a volte (e per fortuna) si conferma fallibile. Alla vigilia di un lunedì che tutti i bollettini meteo annunciano come nuovamente sereno, preludio di una settimana dello stesso tenore, possiamo dire con un sospiro di sollievo che la catastrofe ha risparmiato il Sannio anche questa volta, anche nell’occasione più pericolosa, spaventosa. E’ piovuto forte, sì, ma le cronache nazionali non parleranno di noi perchè danni consistenti, a parte l’asfalto di molte strade nuovamente bucherellate come ogni autunno, non si sono verificati.
Ma per quanto ancora si potrà andare avanti con questa paura soffocata in gola e con il sollievo poi di essersela scampata? Ha un senso questo atteggiamento che cerca di mettere a tacere il rischio ufficiale e concreto di una terra che può franare e sgretolarsi da un momento all’altro? Il Sannio è un territorio a forte rischio idrogeologico. Ma questo non lo leggete sui giornali (salvo rari casi eccezionali), e soprattutto non ve lo raccontano nelle conferenze stampa, nei comunicati ufficiali, nei congressi di partito e neppure nelle riunioni tecniche e amministrative tra rappresentanti del nostro territorio. E’ come se i dati raccolti e pubblicati più volte da enti indipendenti su base di rilevazioni scientifiche fossero un sussurro da non ascoltare, come il vento che, misero, soffia comunque anche quando nessuno lo sente. Perchè di attenzione verso queste problematiche da parte delle istituzioni se ne registra davvero pochissima.
Come se non fosse vero che da un recente monitoraggio della Regione Campania, come scrive Billy Nuzzolillo, emerge che necessitano di interventi di consolidamento i centri abitati o alcune frazioni di numerosi pasesi sanniti: Apice, Ampollosa, Buonalbergo, Castelfranco in Mescano, Cautano, Ceppaloni, Cerreto Sannita, Cusano Mutri, Foiano Valfortore, Guardia Sanframondi, Melizzano, Montefalcone Valfortore, Montesarchio, Pietrelcina, Pontelandolfo, Reino, San Bartolomeo in Galdo, San Leucio del Sannio, San Marco dei Cavoti, San Nicola Manfredi, S. Agata dei Goti e Sant’Angelo a Cupolo. Come se non fosse vero che altri comuni sanniti richiederebbero addirittura il trasferimento: Casalduni, Castelpagano, Castelvetere Valfortore, Tocco Caudio e, in parte, Morcone. Come se quanto accaduto ad Arpaise il 3 dicembre dello scorso anno lungo la strada provinciale 1 in località Covini, peraltro non in seguito a piogge eccezionali, fosse in realtà solo lo sbriciolamento di una montagnella di sabbia messa su a fine estate da un ragazzino sulla spiaggia. Come se, infine, il fatto che la Provincia di Benevento abbia tagliato di 10 milioni di euro i fondi per il monitoraggio idrogeologico delle nostre terre fosse una notizia di second’ordine, da dimenticare il prima possibile per non vivere con la paura e non essere costretti a dire che il Sannio non è una terra sicura. Basta con queste chiacchiere: Benevento non è un’isola felice, il Sannio non è una terra sicura rispetto a frane e disastri,… Basta!
Basta. Basta lo dice l’opinione pubblica, almeno in quelle rare occasioni in cui prende contatto con il problema al punto da poterlo allontanare dalla propria vista. Mentre quello che fanno le istituzioni e i nostri rappresentanti di governo del territorio è cosa ben più grave: è una “tattica del silenzio”, ossia parlare il meno possibile di queste cose in modo da poter continuare a “governare” come meglio si crede e meglio si può, tanto ad ogni perturbazione passata finora ce la siamo sempre scampata. La tattica del silenzio è un po’ come l’omertà politico-mafiosa, solo che la seconda fa morti sempre mentre la prima li fa solo quando tale strategia viene alla fine smascherata. Quando, cioè, non ce la scamperemo più. E sarà allora, quando avremo le mani piene del fango di qualche comune del Sannio oggi abbandonato a se stesso, che il silenzio sarà rotto per un po’. Giusto il tempo di lavarsi la coscienza nell’acqua che sarà caduta dal cielo nero. Poi di nuovo tutti zitti. E’ l’apparenza che lo richiede, l’arte di essere sanniti tranquilli e senza preoccupazioni. Terra di banche e immobili in affitto, di SUV e di vacanze al mare, di problemi noti ma tenuti nascosti per non fare brutta figura.
Magari venisse giù un po’ d’acqua limpida, così che tutta questa gente possa finalmente specchiarsi e smetterla di galleggiare sulle propria superficialità.