(Sanniopress) – La situazione sanitaria della provincia di Benevento non è delle migliori. Gli unici veri ospedali, peraltro non privi di problemi, tutt’altro, si trovano a Benevento: il Rummo e il Fatebenefratelli. Gli altri due ospedali che erano presenti in provincia – uno a Cerreto Sannita, il Madonna delle Grazie, e l’altro a Sant’Agata dei Goti, l’ex San Giovanni di Dio ora Alfonso Maria de Liguori – sono stati di molto ridotti nelle funzioni, oltre ad aver ingaggiato in proprio la classica guerra tra poveri che non fa del bene a nessuno mentre reca del male a tutti. Sta di fatto, però, che in una situazione di crisi, proprio l’apertura della nuova struttura ospedaliera di Sant’Agata dei Goti nella centrale frazione di San Pietro dovrebbe essere accolta un po’ da tutti, a Sant’Agata e nei paese viciniori ma anche nella stessa Benevento, come una risorsa da sfruttare al meglio. Invece, silenzio.
Chi visita, per ragioni varie, l’ospedale di San Pietro, si trova davanti e dentro una struttura che da subito, fin dal parcheggio, dimostra di essere sottodimensionata. Le potenzialità dell’ospedale sono molte, ma le sue “attualità” sono modeste. E’ come se l’ospedale avesse bisogno, proprio lui, di essere curato. Ma quali cure si possono somministrare ad un ospedale che ha bisogno di affermarsi se non le cure informative?
Il Sant’Alfonso de Liguori non è l’ospedale di Sant’Agata dei Goti ma di un più vasto territorio che abbraccia comuni sia sul versante caudino – Montesarchio, Bonea, Bucciano, Moiano, Airola, Arpaia, Rotondi, ma anche Cervinara e Paolisi – sia sul versante telesino – Frasso, Dugenta, Amorosi, Solopaca e la stessa Telese. Tuttavia, quanti di questi comuni sono stati effettivamente messi a conoscenza dell’apertura dell’ospedale? E, ancora meglio: gli abitanti di questi comuni conoscono realmente le possibilità di cura dell’ospedale di San Pietro e le sue capacità di crescita? Soprattutto: sanno in quanto poco tempo si può raggiungere quell’ospedale che alcuni paesi possono raggiungere più facilmente degli stessi santagatesi?
Faccio questa banale osservazione perché mi sembra quella convincente per indicare l’importanza strategica di questa struttura. Importanza strategica – si badi – per lo stesso ospedale civile di Benevento che non riesce, ormai da tempo, a sopportare tutto il carico di lavoro che gli ricade sulle spalle anche per la cattiva informazione e la sbagliata dislocazione di risorse e servizi. Faccio, un esempio che è sempre un buon modo per intendersi: uscendo da Cervinara ci si imbatte in una segnaletica, ripetuta più volte, che indica un non meglio precisato ospedale. A chi si fa riferimento? Chiedendo ai vigili urbani di Cervinara mi è stato risposto “all’ospedale Rummo di Benevento”. Eppure, per gli abitanti e le famiglie di quell’area caudina sarebbe più facile raggiungere, con la nuova viabilità che va senz’altro migliorata e si può fare, il Sant’Alfonso de Liguori. Per non parlare poi dei comuni intorno a Montesarchio: l’ospedale ce l’hanno quasi a vista. Ma quegli stessi cittadini, se devono andare in ospedale per un qualsiasi motivo si mettono in automobile e prendono la direzione Benevento. E così il pronto soccorso del Rummo si ingrossa sempre più fino ad ingolfarsi. Non sarebbe meglio distribuire in modo più utile e razionale sul territorio le risorse che già abbiamo? Conviene a tutti. Conviene al Rummo, conviene ai pazienti, conviene al Sant’Alfonso de Liguori. Lo stesso nuovo direttore dell’ospedale civile, Nicola Boccalone, credo abbia presente questa anomala situazione e tra i suoi primi provvedimenti ha cercato di irrobustire proprio l’ospedale santagatese, sapendo che se funziona meglio funzionerà meglio anche il Rummo.
Dunque, le cose da fare subito sono due: una buona segnaletica stradale e un ufficio di comunicazione all’ospedale di San Pietro. Iniziamo da qui.
(tratto dal sito SpazioResiduo.it)