(Sanniopress) – Mi è sempre piaciuto parlare con i ragazzi, cercare il confronto, a volte anche lo scontro. Prima, anni fa, era più facile. Non perché i ragazzi erano diversi ma perché, quando inevitabilmente si arrivava a fantasticare o ragionare sulle possibilità di ciascuno nel loro futuro, c’erano argomenti, speranze. Minime, ma c’erano. Ho avuto il privilegio di parlare di Giancarlo Siani ai giovani studenti del liceo classico Giannone di Benevento. Una platea attenta ed educata di ragazze e ragazzi che stanno completando la tappa formativa più importante, in una disastrata istituzione scolastica (non il loro istituto, si badi bene, ma la Scuola nel suo complesso) dove in nome del dio danaro si tagliano ore di lezione per tagliare posti di lavoro. Come fossimo al mercato, dove per risparmiare si compra di meno o dove il venditore, per guadagnare di più, ti fa fesso sul peso. E abbiamo un ministro che cerca di far fessi i suoi “clienti” gli studenti. Ma non ci riesce, perché li ho trovati consapevoli dello sfascio creato da un manipolo di dilettanti allo sbaraglio.
Ho avuto questo privilegio per l’iniziativa portata avanti dal collega Billy Nuzzolillo, per la sensibilità di un assessore provinciale e la lungimiranza di una preside che ha aperto la “sua” scuola, ben conscia dell’importanza che assume il confronto con “l’esterno” tra le mura scolastiche. Non come quella preside che ho visto al liceo Sannazaro di Napoli a far da presidente di commissione alla maturità che godeva se riusciva a mettere in difficoltà un “maturando” e che ha fatto varie porcate, in solido con un commissario di latino-greco.
Chiamato a parlare in un “cantiere di legalità” in un’epoca, in un Paese dove la legalità è andata a farsi benedire. Dove chi deve creare legalità fa di tutto per essere egli stesso nell’illegalità. Dove finanche la legalità, quella sbandierata e ostentata e professata in associazioni mastodontiche divenute holding affaristiche
Chiamato a parlare di legalità nel nome di Giancarlo Siani, amico, collega, ucciso da mano di camorra. Eroe, lo definiscono in tanti. A mio avviso la parola giusta è «martire». Martire della verità che ricercava in maniera meticolosa nel compiere umilmente il suo lavoro di cronista, sempre sorridente nonostante le mille-e-una difficoltà del lavoro, ma soprattutto dell’accesso alla professione di giornalista.
Secondo me oggi gli eroi sono altri. Nonostante tutto (bunga-bunga, baciamani all’amico dittatore che poi abbiamo bombardato, leggi ad personam e ad bavaglium, figuracce internazionali) c’è un’Italia che mi piace, che va avanti “nonostante tutto”, a denti stretti e a schiena diritta. È l’Italia degli “eroi viventi” che tirano su i figli a suon di privazioni personali, che sono acrobati e maghi della quadratura del sempre più magro bilancio familiare, di lavoratori che si sono visti sfilare norme contrattuali e stipendi in nome di un ricatto mimetizzato da investimento per trasformare la forza lavorativa in una massa silente. E sono eroi quei giovani, ragazze e ragazzi, che, nonostante i bombardamenti mediatici a base di effimero, veline, meteorine e quant’altro, si pongono e pongono domande, cercano il confronto, difendono le loro i idee, i loro diritti di cittadini della Repubblica.
C’è una cosa che nessun sistema, nessun regime, nessuna oligarchia potrà mai abolire e/o imprigionare: le idee, i pensieri. Sono armi potentissime, indistruttibili e immortali. Questo ho visto in questi giovani che ho incontrato, anche se non sono venuti allo scoperto, per timidezza sicuramente: l’ho letto nei loro occhi, nella loro compostezza.
È stata una giornata “all’adrenalina”, che mi ha arricchito. E a loro, agli studenti del “Giannone”, voglio dire: grazie. Perché incontrando loro ho intravisto la fine del tunnel, ho rivisto, sia pur lontana, la luce.
[Ps.: Se a qualcuno vien voglia di leggere qualcosa su Giancarlo Siani suggerisco questo:
https://www.facebook.com/note.php?note_id=401053892394