(Sanniopress) – Billy Nuzzolillo li ha chiamati “idioti” e la qualifica mi pare calzante. Ma forse non basta. Mia madre guardando le scene di guerriglia e distruzione urbana ha espresso un giudizio che, come è sua natura, non è filtrato da alcun tipo di sapere astratto. Ha detto: “Sono felici nel distruggere tutto”. Proprio così: felici nella distruzione. Non dobbiamo nascondere a noi stessi, infatti, che nella distruzione c’è un intimo piacere fisico. La barbarie e la violenza sono, come ogni sfogo, piacevoli e le scene di distruzione di auto, vetrine, banche, blindati della polizia esprimevano la felicità dei distruttori. Poi, naturalmente, una volta arrestato “er Pelliccia” si è pentito ma il repentino pentimento fa parte della stessa facile e felice distruzione urbana.
Ma Benevento con tutto ciò che cosa c’entra? C’entra. Non tanto perché è stata fatta un’interrogazione al sindaco sulle convenzioni stipulate con Depistaggio e Asilo 31 (credo che con la violenza pratica non c’entrino nulla), quanto perché gli esponenti del centro sociale di via Mustilli – ma tu guarda in quale archeologia doveva andare a finire il mio concittadino Domenico Mustilli – hanno detto “siamo andati a manifestare come facciamo da 11 anni ad oggi e non c’è nulla di strano in questo. Manifestare è un diritto, sancito costituzionalmente, quindi ognuno è libero di andare dove vuole”. Ma proprio qui è il punto, anzi la stranezza: si può manifestare sempre e comunque per 11 anni di fila senza mai porsi il problema della violenza? Che cultura c’è alla base di questa “manifestazione continua” se si trova sempre il modo scendere in piazza anche se si sa che dalla pancia della piazza uscirà la violenza di quelli che “sono felici nel distruggere tutto”?
A me pare che Depistaggio, e ancor più Asilo 31, queste domande se le debbano porre. Proprio perché manifestare è un diritto, non si può ignorare e fare finta di nulla se la manifestazione regolarmente diventa distruzione. In questo modo la “felicità distruttiva” distrugge la manifestazione e il diritto di manifestare. Il problema del rapporto tra la violenza e il pacifismo o tra la rivoluzione e la contestazione o – ciò che va di moda ora – l’indignazione, i giovani di Depistaggio e le insegnanti di Asilo 31 se lo devono porre soprattutto se della loro critica e delle loro ragioni fanno un vanto o un’ambizione o un modello.
Ancora. Sia con Depistaggio sia con Asilo 31 c’entra la politica. E’ persino banale dirlo. Ma, anche qui, che politica? Una politica che intende mettere insieme la contestazione al “sistema” – che poi sarebbe la democrazia rappresentativa – con la rivoluzione non-violenta o con l’antagonismo sociale e politico è o imbroglio o ignoranza. L’idea rivoluzionaria è di per sé – si predichi o no il pacifismo, si pratichi o no la pace – violenza. Marx lo sapeva benissimo e sul tema non si fece mai illusioni. Il “Manifesto del partito comunista”, tolta la parte dell’elogio della borghesia, è un inno alla rivoluzione ossia ad organizzare la violenza. Lenin, che mise in pratica Marx, lo diceva così al compagno che gli faceva notare che la rivoluzione aveva fatto un bel po’ di morti: “Non si può fare una frittata senza rompere le uova”.
Il tempo in cui la rivoluzione era innocente è finito. Su queste cose la sinistra di Benevento – anche la sinistra di Benevento, dentro e fuori i centri sociali, sia chi ha letto Marx (pochi, nessuno), sia chi non l’ha letto – si dovrebbe interrogare con scrupolo. Anche perché una volta finita l’illusione e “il gioco della rivoluzione” resta solo la convinzione che tanto non cambia mai nulla e allora conviene fare come fanno tutti e adeguarsi. E’ questo il peggior servizio che si possa fare alla vita civile di Benevento come di qualunque altra città d’Italia.