di Simone Aversano
(Sanniopress) – Quando George Orwell scrisse il suo celeberrimo racconto intitolato “La fattoria degli animali” senz’altro si riferì ad un numero indefinibile di comunità di uomini e donne, di micro-società e di micro-mondi caratterizzati un po’ da tutti gli elementi tipici di quella singolare fattoria. Ogni animale col suo ruolo ben preciso e il suo significato, il suo valore negli ingranaggi di un sistema fatto a posta per non funzionare, fare del male e mandare tutto in malora. Ma certamente Orwell, che nel suo fine ingegno voleva far riferimento alla Russia dittatoriale e agli eccessi del comunismo, non poteva minimamente immaginare quanto la provincia di Benevento potesse, decenni dopo, rappresentare più o meno esattamente quella sua magnifica metafora di società e di vita, quale fu appunto la fattoria degli animali.
Nel racconto, filo conduttore di tutte le vicende animalesche e sociali della fattoria sono le dieci regole fissate al momento in cui gli animali riescono a liberarsi dall’uomo per gestire da soli la “loro” fattoria. Delle regole che, una dopo l’altra, spariscono misteriosamente durante repentine e silenziosissime incursioni notturne presso il muro sul quale erano state scritte, di modo che nessuno, a cominciare dalle più stupide oche per finire con i meno ingenui cavalli, sia in grado di accorgersi in maniera tangibile che qualche regola è stata cancellata, rimossa, modificata, stravolta o rimpiazzata a discapito di tutti gli animali ma a vantaggio dei capi della fattoria: i maiali. Il giorno prima nessuno andava a rileggere le regole, convinto che tanto fossero lì scritte e che nessuno potesse sottrarle alla civile convivenza della società animale. Il giorno successivo tutto cambiava e gli animali si ritrovavano sempre più privi di diritti, di libertà, di dignità. Perchè no, anche di verità.
Qual è il legame di Benevento con tutto ciò? Per capirlo basta citare anche soltanto una questione, apertasi con una certa veemenza ed attenzione da parte dell’opinione pubblica, ma poi assopitasi come se nulla fosse stato: i tagli ai trasporti locali che impediscono, ormai da settimane, a chiunque di raggiungere Napoli da Benevento di domenica. Tagli che si aggiungono ad una più duratura e drammatica azione di ridimensionamento del TPL sannita, che sta portando il nostro territorio ad isolarsi sempre di più dal resto della regione e dell’Italia (un anno fa circa fu eliminata la corsa ferroviaria più comoda che avevamo per raggiungere Roma capitale in tutta tranquillità).
Ma di tutto questo, delle difficoltà dei pendolari a raggiungere con dignità il posto di lavoro, dell’impossibilità di alcuni di arrivare alle proprie destinazioni obbligate rimanendo con l’unica scelta della propria automobile, della drammatica perdita di valore del territorio sannita in sè, sempre più scollegato dai territori confinanti, della situazione generale che vede il Sannio ancora e sempre più sacrificato di altri quando si tratta di fare tagli ed eliminare servizi, di tutto questo, dunque, proprio a Benevento ed in provincia si è parlato solo per alcuni giorni. Poi via tutto. Questione rimossa dall’attenzione quotidiana della gente, giornali immersi nuovamente nell’informazione (raramente approfondita) data in pasto all’opinione pubblica sannita, politici locali che, dopo la venuta di Caldoro in città, cercano (e riescono) in tutti i modi di evitare l’argomento.
Benevento, insomma, ha perso il beneficio di un’altra delle sue regole fondamentali per la civile e dignitosa convivenza dei suoi abitanti, solo che il giorno seguente al misfatto non se n’è accorto nessuno. Tutti imbecilli come le oche, o non abbastanza intelligenti come i cavalli, o semplicemente menefreghisti e sciatti come i gatti della fattoria di Orwell. Come se non fossero affari nostri, come se il trasporto pubblico non fosse un servizio che ci è dovuto, viste anche le tonnellate di tasse che tutti noi paghiamo. Come se non fosse affar nostro se ci viene tolto un diritto, usurpata una possibilità, tagliata la strada in un periodo storico in cui siamo solo nell’anticamera di una situazione ben peggiore di là da venire.
La storia recente dimostra quindi che chiunque può venire qui e toglierci tutto quello che crede. Tanto non alziamo mai un solo dito per difendere le nostre cose, neppure la nostra dignità di popolo sannita e italiano. E abbiamo i politici e l’informazione che ci meritiano, con rappresentanti ad ogni livello che “sudano” il loro stipendio cercando elegantemente di non lasciar trasparire la loro impreparazione e incapacità di prendere di petto i problemi, e con giornali locali che preferiscono sfornare notizie vuote ed inutili a raffica invece che prendersi l’onere e la giusta responsabilità (salve dovute eccezioni) di approfondire, chiarire i concetti ai cittadini, stuzzicare un’opinione pubblica morta ormai da anni. O forse da decenni.
Il prossimo passo può essere duplice: o ci diamo una svegliata, come cittadini di Benevento e provincia, e cominciamo a battere subito i pugni sul tavolo, oppure domani sarà la volta dell’ennesima regola cancellata dal muro. E il giorno successivo sarà quello della nostra ennesima indifferenza, di fronte al Sannio che muore.