di Giancristiano Desiderio
(Sanniopress) – Mi raccontava qualche giorno fa un caro amico, il quale sta facendo per la prima volta l’esperienza dell’amministratore comunale, che i sonni dei componenti delle giunte dei Comuni della nostra provincia sono da un po’ di tempo turbati e agitati. “E perché?”, gli ho chiesto. “Come perché?”, mi ha risposto con stupore, “hai visto cosa è accaduto a Calvi e a San Bartolomeo in Galdo?”. “Ma è acqua passata, oggi le cose sono cambiate”. “Si scherza tu, intanto io, che pure ho la coscienza a posto, la notte non chiudo occhio”. Ho ripensato alle parole preoccupate del mio amico e in effetti qualcosa di strano c’è.
Telese, Montesarchio, Calvi, San Bartolomeo in Galdo: la lista delle amministrazioni comunali, di ieri e di oggi, che sono state al centro di indagini giudiziarie, fino ad arrivare in alcuni casi agli arresti e all’ipotesi del reato di associazione a delinquere, si allunga sempre più. Mai i comuni beneventani hanno ricevuto tante attenzioni da parte della Procura. Neanche negli anni di Tangentopoli. Anzi, in quel tempo, quando un mondo crollava, la bufera giudiziaria sfiorò appena le amministrazioni sannite. Eppure, per quel mondo che era reduce dalla Grande Abbuffata del post-terremoto, un lavoro accurato della magistratura non sarebbe stato ingiusto e giacobino. Ma non avvenne granché. Le cose oggi, da questo punto di vista, sono cambiate: gli interventi, che pure non sono esenti da errori e da dubbi, appaiono più mirati e circostanziati. Insomma, forse si sta uscendo dall’idea che si può fare tutto perché vige la legge dell’impunità generale. Ogni tanto qualcuno paga perché è pescato con le mani nella marmellata.
Forse, sarà questa preoccupazione a turbare le notti bianche o nere degli amministratori locali.
Il malcostume della percentuale è sempre diffuso nelle amministrazioni. Le imprese lavorano se pagano un tot. Un tempo la percentuale era applicata ai lavori pubblici che assumevano così la funzione di lavori pubblici privati. Ma l’assessorato ai lavori pubblici ha smesso da tempo di essere quello più importante per le amministrazioni e per i partiti. La spesa pubblica è stata dirottata su altri settori e nei nostri comuni a volte la divisione della torta diventa un surrogato dello Stato sociale: una sorta di vizio privato che non genera di certo virtù pubbliche ma creando un sistema di scambi e piaceri reciproci fa campare chi più chi meno. Il vero problema è la percentuale: è tollerabile o no? E’ “ragionevole” o troppo alta? E’ “onesta” o ingorda?
Del primo presidente della Repubblica, Enrico De Nicola, si racconta che avesse un solo cappotto e per giunta rivoltato, pagava di tasca propria e rinunciò allo stipendio. Non si chiede tanto a chi amministra e fa politica: andiamo incontro ad un inverno rigido ed è bene coprirsi con i confortevoli soprabiti in piumino d’oca del nostro tempo. Tuttavia – e l’ho detto anche al mio amico -, gli amministratori, soprattutto quelli più ingordi, potrebbero rinunciare alla percentuale o rivederla al ribasso. Dormiremmo tutti meglio. Buonanotte.