(Sanniopress) – La chiusura di un negozio non è mai una buona notizia. Se, poi, quel negozio è una libreria, allora, la notizia è doppiamente triste. Se la libreria si chiama Libreria Fiorentino e chiude a Benevento, allora, la brutta notizia assume i tratti di una sconfitta. Non per il libraio, ma per la città.
L’ultima volta che sono stato dai Fiorentino è stato qualche settimana fa. C’era un po’ di confusione, qualche scatolone di troppo, un’aria un po’ dimessa ma sempre cordiale. Ho percepito qualcosa ma mi son detto: “No, ti sbagli, stanno solo facendo un cambio di stagione”. Invece no, stavano inventariando per chiudere. Scambiai due parole – in verità qualcosa di più di due parole – con, credo, l’ultimo capostipite, di questa famiglia di librai e vennero fuori un po’ di cose saporite. Avevo adocchiato una primissima edizione del libro di Alfonso Meomartini: anno 1907, pubblicato dal tipografo De Martini. Lo presi e chiesi il prezzo e sentii un 400 ma feci finta di non capire. Allora, facendo il monaco sordo richiesi: “Quanto costa?”. E di nuovo: “Quattrocento euro”. “Ah, è troppo caro. Ma come è possibile?”. “Beh, guardi, su Internet il mercato dei libri antichi e di antiquariato lo dà a 500 euro” . Non credevo ai miei occhi: un Meomartini, beneventano doc, venduto a ben 500 euro. Eppure, proprio a Benevento, nel cuore della città, su una costola che si diparte dal Corso Garibaldi, la libreria Fiorentino chiude, prende i libri e ritorna a Napoli.
Se non avessi avuto l’edizione di Gennaro Ricolo de I Comuni della Provincia di Benevento, beh, avrei fatto un po’ la faccia tosta e avrei chiesto un ritocco al prezzo per poi prendere la tessera Bancomat e pagare. Ma “in verità” – spiegai – “il libro ce l’ho, solo che è nella edizione Ricolo. Bella, non c’è dubbio, ben fatta, perché Ricolo – altro napoletano venuto a Benevento – i libri li sapeva fare. Pensi che in quell’edizione c’è anche una bella lettera di congratulazioni di Riccardo Ricciardi. Solo che l’edizione del 1907 è un’altra cosa perché, vedo, ha anche la foto del Meomartini, Alfonso”. La citazione di don Riccardo, detto (da Croce) Belacqua, fece brillare gli occhi di Fiorentino che si aprì: “Conoscevo bene Riccardo Ricciardi, non solo perché era Ricciardi, ma anche per motivi familiari: mia moglie…” e mi spiegò le relazioni di parentela che, purtroppo, capisco sempre poco e mi passano rapidamente di mente. Però, non dimentico il simpatico aneddoto: “Sa quale vezzo aveva Ricciardi?”. “Credo che lei me lo voglia dire”. “Si era fatto fare una bara e la teneva sotto il letto. Ogni tanto la mostrava a qualcuno. Ci scherzava, ma era il suo modo per allontanare la morte, insomma da buon napoletano era superstizioso”. Napoletano sì, ma di Airola, dove peraltro ritornava spesso. Al liceo del paese, prima di calarsi nella bara invece di coricarsi nel letto, donò una ricca serie dei suoi libri. La casa editrice Riccardo Ricciardi è stata la più importante esperienza editoriale di Napoli nel Novecento e un capitolo tutt’altro che secondario dell’editoria italiana. In fondo, don Riccardo era sannita. Ma qui a Benevento la libreria Fiorentino chiude.
Inevitabilmente, il discorso cadde su Croce. Ricordavo che il più giovane dei Fiorentino – Fausto come il nonno e, mi viene da dire e lo dico, come mio padre e mio figlio – in occasione della presentazione qui a Benevento del libro da me curato sulla Libertà della scuola di Luigi Einaudi e Salvatore Valitutti mi disse di un libro di Croce con la dedica di Einaudi fatta proprio a Fausto Fiorentino. Avevo adocchiato nella libreria con vetro, riservata, una serie di libri su Napoli e dintorni e avevo visto La rivoluzione napoletana di Croce. “Questo lo vende?” “Questo? No, questi no perché sono un po’ speciali”. Capii subito che quello era il testo crociano firmato da Einaudi. Infatti…
A quel punto il signor Fiorentino, ottimo conversatore, mi raccontò un altro simpatico aneddoto. Questa volta su Croce. “Il filosofo ritornando verso casa si incontrò con alcuni suoi amici, tra i quali Gino Doria, Riccardo Ricciardi, Fausto Nicolini. Nel salutarli disse loro: ‘Proprio ora mi hanno dato dell’analfabeta’. ‘Maestro, che dite? Chi è stato’ ‘Proprio così: stavo salendo su per Mezzocannone e volevo leggere un manifesto da poco affisso, ma non avevo gli occhiali. Allora, siccome passavano dei giovanotti, li ho fermati e detto loro di leggermi per piacere il manifesto e la risposta è stata questa: scusate, ma anche noi siamo analfabeti”. Risate generali degli amici di Croce, cioè di Doria, Ricciardi, Nicolini ai quali per l’occasione si sono aggiunti anche Fiorentino e Desiderio. Eppure, la libreria Fiorentino a Benevento chiude. Come vedete, si tratta di qualcosa di più di una brutta notizia.