di Antonio Tretola
(Sanniopress) – “Lasciar scrivere”, parola del grande Benjamin Constant, è secondo la più luminosa tradizione liberale tutto ciò che occorre ad una nazione perchè essa giunga al massimo grado di prosperità e giustizia; ora, resta un insondabile mistero che un avventura politica sgorgata, almeno nelle fonti culturali, dalla grande sorgente del liberalismo, voglia, proprio ora che è indubitabilmente al crepuscolo, consegnarsi alla storia con la più illiberale delle leggi che si possano produrre, quella sulle intercettazioni, altrimenti e giustamente detta “bavaglio”.
L’abuso delle intercettazioni, sottolineato talora anche da uno studioso serio come Luca Ricolfi, è stato in questi anni un fatto oggettivo, ma un conto è tentare di mitigarne l’utilizzo, un altro è il cappio, l’odiosa consegna del silenzio, il silenziatore da applicare con severa inflessibilità a chi disturba le manovre tanto bipartisan quanto prive di confini spaziali (da Napoli a Sesto, differenze zero).
Che la cultura liberale di questo centrodestra si sia indecorosamente liquefatta tra canottiere, sigari e party da college, appare abbastanza evidente, ma che si voglia infierire erigendo l’anti-liberalismo a vessillo, è più che altro un favore che si sta rendendo alla controparte politica.
Una volta i partiti avevano le identità culturali, dei pantheon di autori, delle fonti perenni di ispirazione: Gaetano Filangieri, il più grande illuminista napoletano, ad esempio, è uno di quei riferimenti cui una vera forza liberale e democratica dovrebbe rivolgersi, senza esitazioni.
E’ proprio Filangieri a spiegarci qual è il vero obbiettivo che si cela dietro la legge all’esame del Parlamento, dietro il sughero con il quale si vuole tappare la libertà di raccontare, in Italia: zittire cioè quel “tribunale invisibile, che in ciascheduna nazione moderna, agisce di continuo, e che è più forte de’magistrati,de’ministri e dei re: l’opinione pubblica”. La gente, secondo il nostro corregionale Filangieri, pensa e diventa potente, più potente dei potenti che, ergo, si stizziscono.
Ma, nocciolo del discorso, perchè questo invisibile,decisivo tribunale si attivi occorre un “piccolo, grande” mezzo: ” questo mezzo – decreta Filangieri – è la libertà di stampa: il legislatore non dee trascurarla, ma dee stabilirla, proteggerla. L’interesse pubblico lo richiede”. Ma se si esagera, si scantona, se si passano i limiti come accade, non di rado, in Italia? La risposta è sempre di questo illustre campano: ” L’errore manifesto incontra sempre la pubblica disapprovazione e la pubblicazione istessa dell’errore, dunque, è il miglior rimedio contro le seduzioni dell’errore.”
Quando la si spara troppo grossa, quando si eccede, lo capiscono tutti e l’ingiuria si tramuta in un boomerang: lo sapeva bene, una volta quando era davvero un acuto ed astuto stratega, Berlusconi che ha stravinto elezioni prima delle quali gli avevano indirizzato strali comici e oratori, intellettuali e pop-star. Lo ha dimenticato. Speriamo che si ricordi di Filangieri, del liberalismo e di molto altro, chi sarà chiamato, al tramonto (vicino) di questa stagione politica, alla inderogabile opera di ricostruzione del dna del centrodestra italiano.