di Giancristiano Desiderio
(Sanniopress) – Voi sapete che le cose non le mando a dire. Pane al pane e vino al vino e questa volta il pane e il vino si chiamano ospedale civile di Benevento e aspiranti direttori generali. A voler ricoprire quella carica sono in tanti, ma sono pochi ad averne titoli, esperienze, provate capacità. E’ un ruolo che fa gola perché lo stipendio da dirigente di primo fascia è consistente. Ma non è solo una questione di soldi. E’ anche e soprattutto una questione di politica, potere, controllo. La decisione spetta alla giunta regionale, quindi a Stefano Caldoro che per forza di cose si sarà guardato intorno, avrà sentito più campane, avrà chiesto, avrà letto curriculum e alla fine dovrà decidere. Chi sarà il nuovo direttore generale? Il criterio da seguire è semplice: esperienza, capacità e indipendenza. La scelta peggiore, per l’ospedale e per la provincia, è quella strettamente politica.
Il Rummo ha più di mille dipendenti ed è un’azienda ospedaliera. La politica è presente nel bene e nel male. Ma il compito di un direttore generale è quello di garantire la buona sanità, non certo i partiti e i politici. Mi rendo conto: è cosa molto facile a dirsi e molto difficile a farsi. Per un motivo semplice: perché in quella parola – politica – ci sono dentro tante cose che non riguardano solo gli interessi dei partiti ma anche della stessa società civile che vede nella sanità bisogni da soddisfare in un modo o nell’altro. La sanità è fonte di occupazione e necessità di salute o sollievo. L’intreccio tra chi dà e chi chiede – tra la domanda e l’offerta, potremmo dire – genera un sistema perverso che non è facile correggere. Il caso, molto noto, dell’ex direttore generale Loretta Mussi è abbastanza emblematico: nominata nel 2001 alla guida del Rummo, ben presto entrò in rotta di collisione con la politica per le scelte sanitarie. Ma non solo con la politica: anche con i sindacati. La stessa parte che la volle in quel posto in quel ruolo – i bassoliniani – ben presto si pentirono e le fecero la guerra. Eppure, di cosa c’è bisogno oggi al Rummo, anche per consolidare il lavoro in alcuni buoni reparti, se non di una dirigenza preparata e soprattutto il più possibile indipendente dalle clientele politiche e sindacali?
I nomi che circolano non sono i nomi giusti. Soprattutto i nomi legati a doppio filo alla politica. A qualunque politica: quella di qua e quella di là, sopra, sotto e in mezzo. La vita politica oggi è più di ieri un autobus: ci salgo per non restare a piedi. Chi è rimasto a piedi vuole essere ricollocato. C’è quello che vuole fare il manager, quello che aspira alla presidenza, quell’altro che vuole fare il direttore. Con questo criterio ci siamo letteralmente fottuti la sanità in Campania e nella nostra provincia. Guardatevi intorno: lo vedete con i vostri occhi che qui non ci sono più ospedali? Il Rummo è l’unico. Se state male dovete andare al Rummo. Se crepate dovete andare al Rummo. Se vi rompete una gamba dovete andare al Rummo. Tutta la provincia gravita sul Rummo e il Rummo scoppia. Non ce la fa più. C’è bisogno di un Rummo anche per il Rummo. Chi può permettersi di andare altrove va altrove, ma chi ha quel che ha – e siamo la maggioranza – deve bussare al convento del Rummo. Se si scherza con il Rummo si rischia, perfino a Benevento e dintorni, una rivolta sociale.
Dunque, giù le mani dal Rummo. Il presidente Caldoro è chiamato a fare una scelta seria: nomini un dirigente che possa fare a sua volta scelte serie, indipendenti e nell’interesse della buona sanità.