(Sanniopress) – Interessante sentenza quella depositata dalla Corte di Cassazione lo scorso 29 agosto in merito all’inquadramento come giornalista, con conseguente applicabilità del relativo contratto collettivo nazionale, di una dipendente di una società che provvedeva a selezionare notizie di agenzia, rielaborandole e leggendole in onda durante una trasmissione radiofonica. La Suprema Corte, come riporta Il Sole 24 Ore, ha infatti definito i requisiti minimi perchè si possa parlare di attività giornalistica: tale “deve intendersi la prestazione di lavoro intellettuale volta alla raccolta, al commento e all’elaborazione di notizie destinate a formare oggetto di comunicazione interpersonale attraverso gli organi di informazione”. Il giornalista non può quindi limitarsi a riportare contenuti altrui, ma è indispensabile un’aggiunta “soggettiva e inventiva” nel confezionare la notizia.
Il ricorso per Cassazione era stato promosso da una società in seguito alla sentenza della Corte di Appello di Napoli che la condannava al pagamento delle retribuzioni regresse secondo il contratto collettivo nazionale dei giornalisti a vantaggio di una ex dipendente. Secondo la società in questione, l’ex dipendente non svolgeva attività propriamente giornalistica, limitandosi a leggere in onda notizie tratte dall’ANSA e dal Televideo. Ma la Cassazione ha confermato quanto ricostruito dalla Corte d’Appello, ossia che la giovane svolgeva a tutti gli effetti un’attività “redazionale”, poichè selezionava tra le agenzie quelle che riteneva più importanti, provvedeva alla rielaborazione dei testi e solo successivamente li diffondeva per via radiofonica. Era dunque presente un apporto originale e “inventivo” che la Cassazione ha definito come il requisito minimo perchè si possa parlare di giornalismo.
Una sentenza senz’altro molto interessante se proiettata nel panorama dell’informazione sannita. E’ noto infatti, per lo più agli addetti ai lavori, quanto sia alto il tasso di “copia-incolla” di comunicati stampa da parte di certi organi d’informazione locali. Organi che, dunque, secondo la Cassazione non svolgono un’attività propriamente giornalistica.