di Luigi Meccariello
(Sanniopress) – Egregio Presidente Cimitile e cari fratelli Sanniti, questa probabilmente sarà l´ennesima lettera di solidarietà alla nostra provincia. A scriverla ancora una volta un emigrante, benché io preferisca definirmi migrante atipico e , spero, momentaneo. Oggi, potrebbe essere l´inizio della morte della nostra provincia consequenziale alla normativa sul debito che tutti noi conosciamo.
Seguendo la vicenda tramite i quotidiani on-line e i gruppi apparsi negli ultimi giorni sul social network Facebook ho riscontrato con rammarico che, ad ora, grosse soluzioni non mi sembra siano state trovate eccetto quella di Nicola De Ieso (l´annessione da parte della provincia di Benevento dei comuni di Cervinara, San Martino V.C., Roccabascerana e Rotondi n.d.r.). Questa è l´unica soluzione vera e percorribile per salvare la nostra provincia, nonostante, da quello che si sente dire , la regione è contraria. A tal proposito l´attestato di solidarietà del Presidente della Provincia di Avellino non dovrebbe fermarsi alle parole, in quanto la cessione di quei territori potrebbe essere l´inizio della salvezza non solo della nostra provincia, ma anche di Avellino stessa. D´altronde lo stesso presidente Caldoro, dimentico che nel Sannio il suo partito in alcuni comuni ha ottenuto l´85% delle preferenze dei votanti speranzosi in un cambiamento in positivo delle proprie condizioni, ha affermato che solo le province con più di 500.000 abitanti devono sopravvivere includendo, quindi, anche quella di Avellino con 437000 abitanti.
Questa stessa provincia ha perso da pochi giorni, a seguito della sentenza del Tar del Lazio, la sua battaglia per la chiusura della discarica di Sanvignano Irpino. Nasce spontanea una domanda da porre al presidente Sibilia e agli avellinesi : “Volete vivere delle ceneri del Sannio oppure si vuole guardare avanti e costruire la Campania insieme?”.
Al di là di quanto può essere scritto sul web, ormai la maggior parte dei Sanniti stimano e si sentono fratelli del popolo Irpino: la cessione dei territori della Valle Caudina non deve essere il punto di fine, ma il punto d’inizio della rinascita della nostra provincia. Il 24 Agosto, caro presidente Cimitile, lei sarà al convegno della Unione Provincie Italiana. In tale occasione, a mio modesto parere, dovrebbe agire come il Principe di Benvento, Charles Maurice de Talleyrand-Périgord, al congresso di Vienna. Così come questi si fece paladino della sopravvivenza di piccoli stati europei e ne guadagnò la stessa sopravvivenza e integrità della Francia, allo stesso modo la provincia di Benevento dovrà farsi paladina del Matese Casertano, della Valle Alifana e dello stesso Molise, non dimenticando tuttavia i propri deboli (Fortore, Alto Tammaro).
Sui “deboli ” si è espresso in modo opportuno durante il consiglio comunale di Arpaise il sindaco del comune Beneventano, Filomeno Laudato, a cui devo la mia formazione giornalistica. Queste zone non manifestano la voglia di rimanere nella nostra provincia in quanto soffrono, come il Telesino, di un Benevento centrismo. Benevento non può ripagare la propria provincia allo stesso modo in cui viene ripagata da quella di Napoli. Il futuro della nostra provincia è nella coscienza politica e sociale cui bisogna tendere e soprattutto con cui costruirne l´avvenire.
Il Sannio composto dalla nostra provincia, da quella di Avellino e dal Molise deve essere la realtà cui mirare, con o senza la città di Benevento come capoluogo. Non si può rimanere legati a una regione distratta o che rinnega i bisogni interni, e tanto meno all´idea del principato di Salerno da cui non otterremo nessun giovamento, come nel caso del “Vaso di Aesteas”: ne può risultare solo un cambio di padrone (da Napoli a Salerno) con lo svantaggio dell’allungamento delle distanze per raggiungere il capoluogo (parlo da Caudino).Nel Salernitano stesso, del resto, già sta avvenendo un tentativo di scissione da parte dei comuni del Cilento perché soffrono lo strapotere dell’area metropolitana. Avrei voluto scrivere di più in questa lettere, ma mi rendo conto che una esauriente discussione dei vari problemi affrontati avrebbe bisogno di una lettura, se non di un libro a parte.