di Billy Nuzzolillo
(Sanniopress) – Dunque, la politica in queste ore si è ufficialmente attivata per scongiurare la cancellazione della provincia di Benevento, decretata dalla recente manovra bis del Governo.
Quella stessa politica, è bene ricordarlo, che ha contribuito a creare le condizioni per la progressiva marginalizzazione del nostro territorio, sia rispetto al contesto regionale che a quello nazionale.
La riprova della debolezza della nostra classe politica e, soprattutto, della scarsa considerazione di cui gode la provincia di Benevento a livello regionale è attestata dalla recente proposta del Governatore Caldoro di annettere il Sannio all’Irpinia in un’ottica di taglio dei costi e razionalizzazione delle risorse. Una sorta di segnale premonitore di quello che poi è accaduto in questi giorni. Contro Caldoro si levarono allora poche voci, dettate per lo più dal protagonismo mediatico di qualcuno e dalla preoccupazione di qualche esponente del centrodestra di prendere le distanze dal Governatore per non irritare i propri elettori.
Immaginate cosa sarebbe accaduto se, invece, Caldoro avesse proposto di annettere Avellino a Salerno? La differenza, in fondo, è tutta qui.
Nell’immediato dopoguerra Fiorentino Sullo da Paternopoli fu tra i padri fondatori della Democrazia Cristiana e ricoprì importanti incarichi di governo (ministro dei Trasporti, del Lavoro e, soprattutto, dei Lavori Pubblici). Riuscì, tra l’altro, ad ottenere dopo un lungo braccio di ferro che l’autostrada A16 passasse “innaturalmente” per Avellino anziché per Benevento e contribuì, più in generale, a creare le condizioni per un progressivo sviluppo della sua terra.
Sullo fu, poi, soppiantato dall’astro nascente della politica irpina, il suo braccio destro Ciriaco De Mita da Nusco, che gli soffiò (sposandola) persino la segretaria (d’origine sannita).
Più volte segretario nazionale della Democrazia Cristiana e presidente del Consiglio, De Mita approfittò del terremoto del 1980 per far affluire 60.000 miliardi di lire di fondi pubblici sulla provincia di Avellino. Accanto a lui ruotarono, ricoprendo importanti incarichi partitici e di governo, i vari Mancino, Bianco, Gargani e De Vito.
Negli stessi anni a Benevento l’unico politico capace di emergere a livello nazionale è stato Clemente Mastella da Ceppaloni.
Partito come delfino di Ciriaco De Mita, di cui fu portavoce quand’era segretario nazionale della Dc, Mastella (che la stampa nazionale spesso definiva “irpino” a riprova della sua funzionale appartenenza al clan avellinese) intuì con anticipo l’imminente fine della Balena Bianca.
Assieme a Casini fondò agli inizia degli anni Novanta il Ccd e si imbarcò nel primo governo Berlusconi ottenendo finalmente l’agognato ministero (nello specifico quello del Lavoro) dopo varie esperienze come sottosegretario negli anni della Prima Repubblica. Poi, tra un ribaltone e l’altro, l’esperienza dell’Udr con Cossiga e la nascita dell’Udeur, ha mantenuto un ruolo di primo piano fino all’inchiesta della magistratura di Santa Maria Capua Vetere che, nel gennaio del 2008, lo costrinse a dimettersi da ministro della Giustizia del Governo Prodi nelle stesse ore in cui la moglie Sandra (all’epoca presidente del Consiglio Regionale della Campania) finiva agli arresti domiciliari. Sin dai tempi di Rastrelli il suo partito ha avuto sempre un ruolo di primo piano nelle giunte regionali che si sono via via succedute: da quella guidata da Losco (all’epoca iscritto all’Udeur) a quelle guidate da Bassolino, per finire all’attuale giunta Caldoro.
Ebbene, cosa abbia prodotto sul territorio sannita questa presenza è evidente a tutti, così come è evidente anche la differenza tra la classe politica irpina e quella sannita dal dopoguerra ad oggi.
Possiamo mai sperare che la politica sia in grado di scongiurare oggi la scomparsa della provincia di Benevento?