di Antonio Medici
Ho seguito di “striscio”, via iPhone, con attenzione che direi da spiaggia, nonostante sia stato in montagna, la vicenda della (proposta di) soppressione della Provincia di Benevento; rientrato cerco di capire meglio, ma c’è poco più: in sostanza l’approssimazione delle mie informazioni sino a stamane è congruente e coerente con la superficialità che caratterizza tanto la proposta del Ministro Tremonti che le reazioni politiche e popolari, alimentate anche da gruppi creati su Facebook.
In ordine alla proposta del Ministro, innanzitutto, c’è da osservare che la soppressione di Comuni e Province di modeste dimensioni, in termini di popolazione e/o estensione territoriale, non può farsi dipendere da motivi di ordine finanziario, tra l’altro di modesta entità. Se una riorganizzazione istituzionale và attuata, essa deve essere funzionale ad obiettivi quali il miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni, la crescita economica dei territori, l’efficienza e l’efficacia dei servizi di interesse generale. Occorre, dunque, definire a monte una strategia e condividerla con le popolazioni (non con il ceto politico interessato solo a perpetuare poltrone o a rimpiazzarle) con percorsi che richiedono studi, analisi, discussioni, valutazioni di ipotesi alternative; non possono costringersi simili decisioni nell’angusto e confuso spazio di legge di bilancio, dove “dare” e “avere” quadrano a prescindere dagli squilibri territoriali che possono innescarsi. Da questo Governo, però, mi rendo conto che non possiamo attenderci altro che atti di propaganda e leggi che impastocchiano i codici. Quale potrà essere l’incidenza effettiva dei tagli di 8 Province e non so quanti Comuni sotto i mille abitanti sugli ormai famosi “costi della politica”? E’ in queste realtà marginali che si annida lo sperpero del denaro pubblico, la corruzione, l’inefficienza del paese, la palude della burocrazia e via discorrendo? Ho la netta sensazione che si tratti di puro marketing, insomma solita lavata di faccia, essendo tra l’altro certo che, ove questo provvedimento dovesse essere realmente approvato, si troverebbe la via per conservare sostanzialmente lo stesso numero di poltrone da occupare nelle nuove realtà istituzionali post-riforma. Mi spingo a ritenere, addirittura, conoscendo i polli da vicino, che una volta che ogni fomentata lotta e resistenza locale fosse perduta, prima ancora dell’approvazione definitiva della legge, ciascun consigliere, assessore, Sindaco o Presidente sarebbe pronto a sparare ogni cartuccia in suo possesso per trattare il proprio “ricollocamento”.
Questi politici da occupazione permanente di ogni poltrona disponibile, per difendere se stessi, non essendo capaci di elaborare altre strategie, alimentano reazioni popolari orientate alla conservazione ed al bieco campanilismo, trovando nei social network, frontiera della “nuova” comunicazione e condivisione, alleati straordinari per la loro limitazione intellettuale e politica: la sintesi imposta dalle fatidiche 500 battute diviene lo strumento perfetto per chi è capace di elaborare solo “pensierini”, brevi ed elementari, nello stile e nel contenuto, destinati a fomentare impulsi localistici piuttosto che suscitare riflessioni complesse. Il verbo del campanile, così, si sparge facile, il popolo è aizzato e coinvolto in reazioni superficiali sotto slogan da curva sud “mai con avellino” “no all’abolizione della provincia” (con tutto il rispetto per la curva del Napoli che, molto più argutamente, elaborò uno “giulietta è na’ zoccola” per rispondere a slogan razzisti dei tifosi di Verona). Ne scaturisce una discussione dove viene citata la “storia” senza sapere quale essa sia, la “cultura” senza spiegare a cosa ci si riferisca e così via, senza domande, dubbi, incertezze. Nulla, solo grida di stampo leghista.
A nessuno passa per la testa che una Provincia economicamente e politicamente irrilevante come Benevento (ricordo, ad esempio, che sono state già tagliate varie corse del treno per e da Roma, la biglietteria della stazione, la filiale della Banca d’Italia) dovrebbe porsi il problema del proprio peso politico, anche definendo una strategia di rinnovamento istituzionale che potrebbe ben comprendere la soppressione della Provincia, così come è oggi, per dar vita ad una aggregazione territoriale strategicamente funzionale a politiche di progresso del territorio? A nessuno viene mente di contrapporre un ragionamento strategico ad una buffonata inserita in una legge finanziaria, che finirà, tra l’altro, in boutade estiva (magari con lo stratagemma, tutto italiota, di conteggiare i beneventani all’estero o magari quelli morti negli ultimi sei mesi o, come sarà certamente richiesto dai vescovi al momento opportuno, anche i nascituri ancora nei pancioni materni)?
No, a nessuno viene in mente. Restano tutti seduti in poltrone arroccate sul campanile.