di Carlo Panella
(Sanniopress) – Mi associo al dispiacere di tanti italiani per l’improvvisa scomparsa di Peppe D’Avanzo, firma autorevole di ‘Repubblica’, nostro conterraneo, uno dei migliori giornalisti italiani. Non posso essere io a tesserne le lodi. Voglio qui, modestamente, solo ricordare la volta che l’ho conosciuto, l’unica, in cui l’ho incontrato, tanti ma proprio tanti anni fa.
Accadde nei primi mesi del 1979, se non vado errato. Vennero da Napoli a Benevento, per un’inchiesta della ‘Voce della Campania’ (l’allora quindicinale napoletano per cui scriveva) Peppe e Renato Caprile, altra firma odierna di rilievo di ‘Repubblica’ (è stato Renato l’inviato che ci ha raccontato la rivoluzione tunisina).
Allora, io ero, da meno di un anno, il corrispondente sannita della Redazione regionale dell’Unità. Mi telefonarono dalla ‘Voce’ il giorno prima per farsi dare alcuni indirizzi e numeri telefonici, oltre che varie, succinte informazioni, secondo pratica consueta degli inviati nei confronti dei giornalisti locali. Prima di chiudere la telefonata, i due vollero comunque fissarmi un appuntamento per la sera successiva a Benevento: ‘Ci vediamo, comunque, a cena, dovremo fare delle verifiche su ciò che avremo, raccolto prima di tornare a Napoli’.
E infatti la sera dopo cenammo da ‘Gino e Pina’, nella vecchia ‘location’ nell’allora mercato dei Commestibili. Lui, a capotavola, con la sua esuberanza e la sigaretta sempre accesa, e Caprile, con modi decisamente più soft, mi chiesero molte cose, e non solo sulle risposte ricevute in giornata a Benevento. Diedero modo, a me giovanissimo e inesperto principiante di provincia, di imbattermi nella caratura professionale di due veri cronisti; per potere spiegare ai lettori, bisogna prima sapere e capire: io tutto questo, più di trent’anni fa, l’ho visto fare, e nel migliore dei modi.
Eppure, ci fu un aspetto che mi colpì ancora di più: la passione con cui lavoravano. Peppe mi apparve come un treno in corsa, come sospinto da una forza interiore davvero formidabile.
Nessuno stupore, quindi, per me, nei decenni successivi, nel vederlo sempre più in prima fila su ‘Repubblica’ e, per un periodo, sul ‘Corriere della Sera’. Aumentava, al più, in me la fierezza per quell’incontro e per quella cena, tra le tante sigarette. Perché, nel mio piccolo, l’amore per il giornalismo, allora appena sbocciato, s’è poi consolidato anche perché ho avuto la fortuna di vedere, da vicino e in azione, in quale straordinario modo si possa (si debba) amare questo mestiere per poterlo praticare al meglio.
Ciao Peppe, grazie di tuttoVisualizza altro
(tratto da Facebook)