di Nico De Vincentiis
Lo sport più praticato in queste ore è la caccia al proprietario beneficiato dal Piano urbanistico comunale. Scoprire, cioè, quante particelle di terreno siano state sottratte alla destinazione agricola per poter invece gettare altri tipi di semi che assomigliano a calce e cemento. Questione di centimetri, magari, difficili da rilevare, ma in questo tipo di osservazioni microscopiche la città è stata sempre spietata. Quanto abbia pesato la campagna elettorale, con il suo carico di promesse e adesso di cambiali da pagare? Magari piccole cose, appunto qualche scampolo di terreno senza futuro e che ora diventerà una risorsa. Per qualcuno, non per la città. Che scandalo volete che sia questo. Quasi fisiologia tecnico-amministrativa, specie in momenti di costruzione degli scenari complessivi. Lo scandalo vero da scongiurare non è il saliscendi del piccolo aspirante beneficiario del Puc, ma il possibile incrocio di interessi che, se incoraggiato e sostenuto dalla parte politica, rischierebbe di spostare in un’unica direzione l’asse delle prospettive economiche e dello sviluppo di un territorio. E se ci fosse, non sarebbe misurato certamente in centimetri.
I ”segreti” del nuovo piano urbanistico, al momento, difficilmente li scopriremo dalle denunce dell’opposizione, che pare ancora in ritiro pre-campionato, ma forse dalla progressione delle scelte dell’Amministrazione e dalle scosse che verranno, magari non registrate dai ”sismografi” dei partiti (e purtroppo neanche dall’informazione) ma da quelli sistemati da singoli eco-difensori, movimenti o associazioni.
Nella carta d’identità di questo nuovo Puc, alla voce connotati e contrassegni specifici, viene indicato: piattaforma logistica e Unesco. Una maxi area destinata a un ipotetico insediamento plurale. Ma l’Ikea, con i suoi grandi numeri, non c’è più, ora si parla di Poste Italiane e del suo centro dati. Poi, chissà, investimenti importanti. Certo, è una logica di approccio che orienta le speranze in direzione dell’unica, vera, attesa, quella del lavoro. Ma questa città ha da sistemare ”pratiche” più antiche. Da riaggiornare alla luce del riconoscimento Unesco per la chiesa di Santa Sofia. Un successo che incrocia il nuovo strumento urbanistico. Bella tempistica. Guai a sbagliare percorsi. Al momento il riconoscimento internazionale sembra essere ancora indicato come un traguardo raggiunto e non come un ”ordine di servizio” ricevuto dall’Umanità, un’agenda di cose da fare.
La vittoria a un concorso internazionale di pittura, dopo aver esposto un quadro piaciuto a tutti, non vuol dire automaticamente che qualcuno poi lo acquisterà. O almeno sarebbe difficile senza l’appoggio di galleristi, critici d’arte e operatori culturali. Così è per quello che Benevento ha presentato al mondo e che la commissione ha premiato. Ma, per ottenere il successo, la città ha dovuto indicare la tracciabilità dell’opera: da dove viene, quale storia e quali uomini ne hanno rappresentato la filiera. Dunque, non è soltanto il terminale, finito sui banconi del turismo, che occorre preservare, quanto il cammino che ha condotto alla meta: la città e il suo centro storico.
Il tema centrale, dunque, è rendere produttivo il premio. Che non sia un trofeo da esibire ma un soggetto per il quale ora si dovrà scrivere la sceneggiatura. Il casting è stato effettuato dal tempo e dalla storia che hanno selezionato gli attori (monumenti, beni culturali e architettonici, tradizioni e costumi locali), ora c’è da girare il film. La regia a chi tocca? Potremmo dire ai cittadini, ma certe responsabilità collettive finiscono per naufragare. Resteranno attori protagonisti. Un regista vero c’è, ed è il sindaco. Per due motivi: è il primo cittadino ed è al secondo mandato. Dovrà trovare il coraggio di fare scelte e non distribuire un po’ qua e un po’ là. Nei primi cinque anni di sindacato avrebbe un senso non scontentare le fasce di elettori e sostenitori. Ma, quando si sa che non si potrà più essere eletto, cambia la prospettiva. Si può governare guardando al bene comune e a un sogno da realizzare. Abbia il coraggio di porsi di traverso al ”giardinaggio” (coltivazione ossessiva dell’orticello privato) di assessori e consiglieri, alla indolenza culturale di professionisti e operatori commerciali. Per essere eletti al Parlamento o al Consiglio regionale non serve tanto accontentare i questuanti quanto mostrare un minimo di profezia. Che sarebbe accolta con entusiasmo dall’insieme e non solo da parti interessate. Ricordi, il sindaco, che in questa città, per realizzare il piano traffico e l’isolamento del corso Garibaldi sono occorsi 30 anni. Grandi studi specialistici e tecnici? Analisi certosina dei particolari? Macché: solo venti commercianti che si opponevano per non perdere la possibilità di avere i clienti arrivare in auto fino ai loro negozi.
(da Il Mattino – edizione di Benevento)